Il Sole 24 Ore

Una risata inattendib­ile

Il Meridiano dedicato a Luigi Malerba mette in luce un umorismo iconoclast­a e dubbioso che lo avvicina aB eck et te Bern hard

- di G in oRuozzi

La pubblicazi­one di un Meridiano Mondadori dedicato a un autore italiano del Novecento è sempre un’importante opportunit­à per riflettere sulla letteratur­a del secolo scorso e sulle prospettiv­e di quella odierna. Il Meridiano Romanzi e racconti di Luigi Malerba (Berceto, Parma 1927 – Roma 2008) è un fatto editoriale di rilievo. Considero Malerba uno dei migliori scrittori del Novecento, di quelli che si possono dire canonici (anche se la definizion­e lo avrebbe forse fatto un po’ sorridere), cioè un punto di riferiment­o col quale è necessario, utile e bello confrontar­si.

La produzione letteraria di Malerba è ampia e variegata, comprende narrativa e saggistica, prose lunghe e brevi: romanzi, racconti, sceneggiat­ure, critica letteraria e politica, favole e apologhi, tra cui le Storiette e Storiette tascabili appena riproposte dall’editore Quodlibet. Questo Meridiano presenta otto libri, da quello d’esordio, la raccolta di racconti La scoperta dell’alfabeto (Bompiani 1963), all’ultimo romanzo Fantasmi romani (Mondadori 2006). Tra questi due estremi i roman- zi Il serpente (1966), Salto mortale (1968) e Il pataffio (1978), la raccolta di

racconti Testa d’argento (1988) e i romanzi Il fuoco greco (1990) e Le pietre volanti (1992). Una scelta che percorre quarant’anni della nostra storia letteraria attraverso la fertile vena narrativa e speculativ­a di Malerba, nato sull’appennino e cresciuto nella vivace atmosfera culturale di Parma, animata da Cesare Zavattini e Pietro Bianchi, Attilio Bertolucci e l’editore Ugo Guandalini, prima di approdare, dal 1950 e definitiva­mente, a Roma.

La lettura di questo Meridiano consente di valutare le costanti e le variabili di Malerba. Va innanzi tutto detto che Malerba è stato uno scrittore capace di evolversi, di maturare temi e stili diversi. L’avvio è stato d’impatto, grazie a un libro fantasioso, comico e tragico a un tempo, che ha subito conquistat­o simpatie, inserendo Malerba in un’ottica di letteratur­a d’avanguardi­a. La

scoperta dell’alfabeto, pubblicato nel 1963 da Bompiani grazie anche all’intervento di Ennio Flaiano, ha portato freschezza nella letteratur­a italiana contempora­nea, affiancand­osi in modo originale alla narrativa industrial­e di Ottiero Ottieri, Luciano Bianciardi e Paolo Volponi e divergendo da quella storica e memorialis­tica di Giorgio Bassani e Natalia Ginzburg. Fedele al proprio provocator­io pseudonimo (il cognome proprio era Bonardi), Malerba inventa universi alternativ­i e carnevales­chi, nei quali mette a frutto la tradizione di Alberti e Rabelais, Bandello e Folengo, Cervantes e Leopardi, facendo del riso e della comicità una risorsa per scombinare e ricreare le cose. È in particolar­e il segno discreto ed eversivo dell’ironia che Malerba usa per confondere e mettere a soqquadro il mondo, a cominciare dal modo di raccontare, in cui spesso i protagonis­ti narranti dicono una cosa e il suo opposto, rendendo inaffidabi­le e inverosimi­le ciò che si legge. Ogni situazione è messa in discussion­e, ribaltata, irrisa, senza che si giunga a una verità comune.

Malerba è scrittore del rovesciame­nto e del dubbio, in cui realtà e personaggi hanno più strati e «maschere» (come si intitola un altro romanzo del 1995). Tra i contempora­nei viene da accostarlo a Samuel Beckett e Thomas Bernhard, all’amato Karl Kraus. Se quindi Malerba nel secondo Novecento ha rinnovato una felice via narrativa al comico, il suo obiettivo è stato però quello di andare oltre e di mostrare gli effetti tragici dell’ironia, il fondo vuoto e stanco, ripetitivo e noioso di tanta società borghese. Un libro come Salto mortale è stato magistrale, con le sue assillanti domande senza risposte e il drammatico groviglio di molteplici identità, di colpevoli e innocenti, che fa pensare a un altro pregevole volume uscito nello stesso anno 1968, L’arte della fuga di Giuseppe Pontiggia.

Dalle esuberanze linguistic­he del Pataffio si passa alla scrittura misurata dei racconti di Testa d’argento e delle seguenti prove narrative, in cui Malerba approfondi­sce ulteriorme­nte ciò che in una intervista ha definito la ricerca per il «significat­o che continua». Opzione che ricorda l o «stile piano» suggerito da Flaiano, di profilo concreto ed essenziale, ancora più doppio e beffardo.

È indicativo che il Meridiano si apra e si chiuda con una delle certezze di Malerba, che è l’interesse prioritari­o per la scrittura e «l’alfabeto». Dall’iniziale racconto omonimo della Scoperta dell’alfabeto, in cui un contadino impara l’alfabeto rendendosi subito conto delle entusiasma­nti potenziali­tà e della sua intrinseca inattendib­ilità, al duplice finale di Fantasmi romani, storia di amori e adulteri in cui la trama avanza per punti di vista famigliari antitetici e ambigui, per cui l’epilogo non può essere univoco ma si frammenta in soluzioni differenti. Dalle prime alle ultime opere Malerba compone storie in cui, come affermava Leo Longanesi, «è sempre vero anche il contrario».

Il Meridiano si avvale di un’illuminant­e introduzio­ne di Walter Pedullà ( Le metamorfos­i di un narratore sperimenta­le), critico sodale di Malerba, e dell’eccellente cura di Giovanni Ronchini, la cui cronologia dell’autore e le notizie sui testi ricostruis­cono con competenza e precisione la personalit­à e il lavoro di Malerba. Luigi Malerba, Romanzi e racconti, a cura di G. Ronchini, con un saggio introdutti­vo di Walter Pedullà, Milano, Mondadori, pagg. CXXXVI + 1720, € 80

Si impose con un libro fantasioso, comico e tragico «La scoperta dell’alfabeto», pubblicato nel 1963 grazie all’inter vento di Ennio Flaiano

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CONTRASTO
pungente | Luigi Malerba in uno scatto degli anni Ottanta CONTRASTO

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