E la fanatica s’innamorò di un idio ta
Milena Migliari non è semplicemente una gelataia.
È la proprietaria della gelateria La Merveille Imparfaite, alle cui pareti ha appeso un cartello per spiegare ai clienti che i gusti cambiano sempre e di «non rimanerci male» bensì di «apprezzare le differenze».
È un’italiana trapiantata in Francia che passa ore «su internet e in biblioteca, a leggersi tutto quello che riesce a trovare sul gusto, dagli scritti di Teofrasto ai libri illustrati».
È una donna incredula, che non si rassegna all’idea che «nessuno sembri nello spirito di entusiasmarsi» davanti ai gusti Corbezzolo del Masquis, Giuggiola di Montauroux, Uva Spina di Mons.
Milena Migliari è una pericolosa fanatica da cui vorremmo tutti stare alla larga.
Nick Cruickshank non è semplicemente una rockstar.
È il leader dei Bebonkers, storica band inglese che fa tour in tutto il mondo.
È un personaggio pubblico accompagnato da uno staff preparato e credibile (il fotografo «sempre intento a confermare il suo atteggiamento di irsuta concretezza»; la truccatrice «cinquanta per cento atteggiamenti, cinquanta per cento sostanza»).
È un uomo molto ricco preoccupato che “i bastardi sauditi” possano rifilargli un attentato, e convinto che i suoi giardinieri in realtà siano “terroristi islamici”.
Nick Cruickshank e un idiota xenofobo con un nome impronunciabile.
L’ultimo romanzo di Andrea De Carlo ( L’imperfetta Meraviglia, Giunti, Milano, pagg. 368, € 18) racconta l’attrazione divampante tra questi due protagonisti, professionisti, problematici individui – la fanatica e l’idiota –, che s’innamorano furibondamente, malgrado siano entrambi già accoppiati: lei dopo essersi «scrollata di dosso le richieste dei maschi», e la loro «insistenza canina», è attualmente fidanzata con una donna; lui, dopo aver disseminato cinque figli nei cinque continenti, sta per sposare una tizia con «i capelli a caschetto lucidi come una castagna d’India».
Ma non c’è freno che tenga: quando la passione prende a braccetto la psicosi, non può che scoppiare il vero amore.
Il momento del loro incontro regala al lettore le pagine più memorabili di quest’ultima fatica decarliana (che speriamo l’abbia reso esausto, fuori uso, almeno per un po’).
Immaginate dunque la gelataia ossessiva e il rocker paranoico che si trovano per parlare, pensate un po’, di gelato: «Non cerchi di rendere nessun sapore più semplice o più rassicurante», esordisce, per lusingarla, lui, che fino a poche righe prima, ubriaco, si esprimeva a muggiti o gesti, «Sei riuscita a preservare così meravigliosamente quel sapore dolce-acidulo, leggermente tannico, vivo», prosegue sempre più invasato, «Hai trovato il punto esatto di convergenza tra verità e piacere».
Ora, perché diamine l’autore abbia scritto in corsivo alcuni termini non è dato sapere, se non per il suo stesso sbigottimento davanti alla scelta di aver messo in bocca a un mulo parlante codesti lemmi ispirati (vi dico solo che, a un certo punto, l’idiota rockettaro citerà pure l’Odissea). Sta di fatto che la storia procede senza intoppi, o snodi narrativi, o fatti, o l’accidente di un qualcosa, se non qualche frase a effetto («Non c’è niente di scontato nel fiordilatte»), qualche momento alla Scientology («Adesso potete andare in giro per il paese e abbracciare chi volete») e una folgorazione di leibniziana memoria, per risolvere l’annosa dicotomia cono/coppetta («Allora c’è il cestino-wafer! Il meglio dei due mondi!»).
Se si sopravvive alle immancabili fisse di De Carlo (una ventina di pagine di sesso esplicito seguite da una trentina di pagine di liti furibonde, e non si sa quali siano le più inutili), si conquista la romantica (reazionaria) e annunciata (scontata) conclusione, in cui vediamo i piedi di lei «che si stanno muovendo per conto loro, insieme a quelli di lui».
E capiamo che la poverina è ormai preda di una patologia schizoide del tutto fuori controllo.