In fuga dalla povertà
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Il dato più saliente sembrava riguardare i divertimenti. Beyle, il futuro Stendhal andava spesso a teatro e «sovente vive con qualche attrice». Le spie dovevano essere molto attente se erano in grado di specificare che scriveva quattro o cinque ore al giorno. Per concludere elencavano le sue costose abitudini quotidiane: pranzo al Café de Foy, cena dai Frères Provençaux. Delle abitudini da viveur, in contrasto con le ultime due annotazioni: «Compra molti libri. Rincasa tutte le sere a mezzanotte».
In realtà quel rapporto non poteva specificare cosa stava accadendo nel cuore di quel trentenne bruscamente disarcionato dalla storia nella sua corsa verso il successo. Come ci raccontano queste magnifiche lettere Beyle, dopo essersi dato da fare al servizio di Napoleone con tanto zelo da ammalarsi, era ormai sicuro di avere diritto alle più alte cariche amministrative. L’interlocutrice preferita era la sorella minore Pauline, una ragazza tran- quilla e un po’ pigra che viveva normalmente la sua vita tra gli sbalzi della storia. «Sono contento che tu abbia visto la guerra. È interessante». A lei era affidata la delicata mediazione tra Beyle e il Bastardo, come lui chiamava suo padre, colpevole di essersi risposato con una perfida moglie, dopo la morte precoce della prima, e di non finanziare mai abbastanza il figlio. «La pietà farà cadere l’odio basato sull’invidia, e forse gli darà un po’ di vergogna. Del resto spero di non rivederlo più».
Lo stile raggiunge spesso la secchezza crepitante che lo renderà famoso. «Bisogna spararsi subito o cercare di vivere come potrò», sintetizza Beyle in attesa dell’immancabile licenziamento riservato a quelli come lui. Per fronteggiare la fine delle sue ambizioni, Beyle formula senza sosta piani di ritirata strategica. Lucidamente capisce che a Parigi, dove frequenta solo gente facoltosa, non può resistere con i pochi soldi che gli restano e tutti i debiti che ha fatto. Meglio rifugiarsi in Italia. Eppure, quando analizza la situazione, non è minimamente parziale. Vede benissimo che molti hanno seguito Napoleone solo per «vile interesse personale». Riconosce che da tempo le persone sagge e i poveri, stremati dalle guerre,