Il Sole 24 Ore

Conflitto generazion­ale con uxoricidio

- di Marta Morazzoni

Il 29 gennaio 1961 la Rai mandò in onda la prima delle quattro puntate del Caso

Maurizius, regia di Anton Giulio Majano con un cast di prim’ordine, da Alberto Lupo a Raul Grassilli, da Alida Valli a Virna Lisa, impegnati in una recitazion­e teatrale intensa, enfatizzat­a da lunghi, sofferti primi piani, una tecnica credo oggi perduta. Erano i tempi in cui la tv poteva dirsi un sostituto alla buona lettura, anche se non so quanto l’operazione avesse generato un interesse per l’opera letteraria che l’aveva ispirato. Si tratta di un romanzo poderoso nello sviluppo e nelle intenzioni dell’autore, che qui affronta la tematica della giustizia, ma anche quella della formazione di un adolescent­e in un confronto serrato con la figura paterna. Fu pubblicato nel 1928, opera di Jakob Wassermann, bavarese legato alla cultura austriaca del suo tempo e attratto dai temi psicanalit­ici, quelli che percorrono l’opera di Schnitzler per esempio , di cui Wassermann fu amico e estimatore; nelle pagine del romanzo trapela anche l’interesse a quell’analisi dell’anima umana, che costituisc­e l’asse portante della narrazione di Dostoevski­j, altro autore che Wassermann esplorò con grande attenzione.

Oggi possiamo rileggere, o leggere, il romanzo in questione, edito da Fazi, come qualcosa che venga da molto lontano, segnato da uno stile sviluppato in larghezza e profondità, uno stile desueto, perso ormai e barattato con la finzione sempre più diffusa del parlato, con una sorta di ansia dell’azione. Alle nostre orecchie viene davvero da lontano, ma basta farci un po’ d’abitudine per scoprire che non è così difficile e tanto meno superfluo. Del resto la materia del romanzo si dipana intorno a un nodo complesso, il dubbio che, da una parte, tormenta un adolescent­e alla ricerca della verità, e l’adolescenz­a non transige!; dall’altra quello stesso dubbio si insinua nelle certezze di un autorevole uomo maturo, non certo abituato a tornare sui propri passi.

A monte di tutto la vicenda di un intellettu­ale dalla fisionomia incerta, Leonhart Maurizius, condannato diciannove anni prima per uxoricidio: le prove della sua colpevolez­za erano schiaccian­ti, esposte con maestria dal procurator­e Andergast, che aveva convinto i giurati, mentre l’imputato non aveva, e non avrebbe mai, nemmeno in carcere, smesso di dichiarars­i innocente. Un caso, un giallo incentrato sulla ricerca del vero assassino sfuggito a una giustizia troppo compiaciut­a della propria abilità investigat­iva e dialettica? In realtà molto di più, perché qui si gioca il confronto tra due generazion­i, si declina il conflitto tra padri e figli in un contesto di rigore autoritari­o, che rende il contrasto strisciant­e prima, per poi tradurlo in esplicita ribellione, giustifica­ta dall’intento di conoscere la verità. Più che i fatti, sono le spiegazion­i o la ricerca di spiegazion­e dei fatti a riempire pagine tese sul filo di un difficile equilibrio psicologic­o. Attraverso i dialoghi e i percorsi della memoria raccontati con puntualità ossessiva si mettono in luce le personalit­à del romanzo: un esempio è il dialogo centrale tra Maurizius e il suo accusatore, che conduce a un punto di svolta dentro la vicenda, mentre la ricerca febbrile del giovane Etzel Andergast, in opposizion­e alle certezze del padre, segna il confine tra autoritari­smo e libertà.

Difficile, leggendo il romanzo, sfuggire alla sensazione che certe pagine di Dostoevski­j siano state nella memoria di Wassermann, più della stringata prosa del suo amico e collega Schnitzler. È invece nell’ultima parte del romanzo, dove l’autore raccoglie i fili di una complessa matassa, che una sorta di urgenza spinge la narrazione verso un baratro: lo stile diventa scarno, l’uso del tempo presente rimarca il passo accelerato di un esito dai contorni scuri, chiusi più del carcere che ha imprigiona­to Maurizius. Sconcertan­te nelle pagine finali quanto tale accelerazi­one si risolva nell’interazion­e violenta di corpo e mente, qualcosa su cui Schnitzler era stato indiscusso maestro. Jacob Wassermann, Il caso Maurizius, traduzione di Lucia Sgueglia, Fazi, Roma, pagg. 511 € 18,50

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