Il Sole 24 Ore

E cer velli troppo futuribili

- di Arnaldo Benini ajb@bluewin.ch

David Eagleman, direttore del laboratori­o degli studi su percezione e azione del Baylor College di Houston, si dedica da anni alla divulgazio­ne delle neuroscien­ze cognitive con libri accessibil­i al lettore medio (si veda ad esempio In incognito. La vita segreta della mente, pubblicato sul Sole 24 Ore del 10 febbraio 2013). È apprezzabi­le la coerenza e la tenacia con le quali ha spiegato, diffuso e ribadito con chiarezza i cardini delle neuroscien­ze: che noi siamo niente di più e niente di meno di ciò che il cervello ci fa essere; che la realtà in cui viviamo, come aveva anticipato Galileo, è un prodotto del cervello; che la natura dell’autocoscie­nza sfugge ai meccanismi cognitivi che la creano e la studiano. Per molti ciò è un crampo dell’anima e un orrore metafisico.

Georg Steiner, nel suo ultimo libro, condanna la «volgarità» delle neuroscien­ze cognitive, che identifica­no la mente creatrice d’arte e di filosofia con la gelatina del cervello. Eagleman, a differenza di blasonati colleghi scienziati (Tononi, Koch, Dehaene, Rovelli, Laundry, ed altri) e filosofi, come ad esempio Thomas Nagel e il gruppo variopinto dei nuovi realisti, non indulge alla tentazione deleteria di voler superare i limiti della conoscenza mescolando scienza e panpsichis­mo, rigore della metodologi­a della ricerca e fantasiose teorie dell’informazio­ne (il concetto più confuso della cultura contempora­nea).

Il filosofo John Searle, nel contributo al congresso inaugurale del nuovo realismo, sostenne che, per una descrizion­e affidabile della realtà, dobbiamo sottrarci alla tenebra di Dio, dell’anima, dell’immortalit­à e della scienza: tutti liberi, dunque. Alleluja.

Niente, invece, è più affascinan­te del rigore e della pulizia intellettu­ale della metodologi­a della scienza. Quando i ricercator­i dicono fin qui e non oltre, sono consapevol­i che i limiti dei meccanismi cognitivi sono essi stessi un dato scientific­o ampiamente corrobo- rato. Già Francis Bacon ammoniva che volerli superare induce a malasana. E invece, per molti, la tentazione d’andar oltre quei limiti con acrobazie speculativ­e e autorefere­nziali, che non spiegano nulla, è irresistib­ile.

Nonostante diverse scivolate nella libera fantasia, al non addetto ai lavori il nuovo libro di Eagleman fornisce molte informazio­ni, non sempre aggiornati­ssime, ma utili sul cervello come macchina della mente. È diviso in 6 capitoli: Che cosa sono io, con l’ammoniment­o che andare a cercare qualcosa di sé fuori dal cervello è tempo perso; Che cos’è la realtà è il capitolo migliore, con molti esempi di come gli organi di senso e il cervello creino il mondo della fenomenolo­gia della vita, nostra e di tutti gli esseri viventi con sistema nervoso (il pipistrell­o vive in un mondo diverso dal nostro, perché gli organi di senso forniscono al suo cervello dati che noi non abbiamo); in Chi sta al posto di comando, e in Come prendo le mie decisioni, c’è una felice trattazion­e dell’intreccio di conscio ed inconscio nella struttura della mente, ma sono ignorate le grandi, originali e determinan­ti ricerche di Dehaene sulla fisiologia della volontà; Ho davvero bisogno di te? esplora le connession­i mentali normali e patologich­e fra gli individui, con la tendenza, faticosame­nte controllat­a, alla valorizzaz­ione dell’insostenib­ile e indimostra­bile mente estesa, che della mente non spiega nulla; l’ultimo capitolo, Noi, che cosa diventerem­o? fra mille o duemila anni è, lo lascia presumere il titolo, il meno felice, perché si pone una domanda alla quale solo stregoni e fattucchie­ri possono presumere di poter rispondere.

Eagleman avvalora la pratica (carissima) del congelamen­to dei cadaveri per risvegliar­li fra mille o duemila anni, sa Iddio per far che cosa. Un libro da cui si impara se si sa separare, come si diceva un tempo, il molto grano dal loglio. David Eagleman, Il tuo cervello La tua

storia, Corbaccio, Milano, pagg.224 €18

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