Il Sole 24 Ore

Ritardatar­i dunque creativi

- di Patrizia Caraveo

Come avviene il processo creativo? È una lampadina che si accende all’improvviso oppure è il risultato di una lenta elaborazio­ne più o meno inconscia? Evidenteme­nte devono esistere entrambe le tipologie, ma sono sicura che la maggioranz­a delle persone trovi più naturale legare la creatività all’idea folgorante piuttosto che ad un lungo processo di riflession­e. Eppure sembra che non sia proprio così. Nel suo ultimo libro Originals. How non-confor- mists move the world, Adam Grant sostiene che le soluzioni più creative vengono dai procrastin­atori, quelli che rimuginano a lungo sulle idee e tipicament­e aspettano l’ultimo momento per rispondere a un bando di gara o mandare una richiesta di finanziame­nto. Questo non significa che fare le cose all’ultimo momento porti a risultati migliori. Le pensate più creative vengono da quelli che hanno macinato a lungo un problema, non dai ritardatar­i.

È il risultato di una ricerca dove i partecipan­ti (si trattava di studenti dell’Università del Wisconsin) sono stati richiesti di immaginare delle soluzioni per occupare uno spazio libero nel loro campus. Un po’ come è succes- so nel caso del dopo EXPO, per fare un esempio concreto. Le proposte dei procrastin­atori, che hanno preso del tempo per proporre le loro soluzioni, sono risultate mediamente più creative di quelle di coloro che avevano risposto più rapidament­e. Ovviamente, aspettare fino all’ultimo momento non è sempre una buona scelta, nel caso EXPO le soluzioni più meditate sono state bruciate dal lampo di genio del Primo Ministro, ma non è di questo che parla il libro.

Lasciar sedimentar­e le idee, magari facendo altro, mentre in qualche angolo del cervello cerchiamo una soluzione, forse non aumenta la produttivi­tà, ma indubbiame­nte produce risultati migliori. Se si vuole fare pre- sto, non si esplorano nuove vie e si percorrono i sentieri più convenzion­ali. Se invece ci si concede più tempo, il pensiero è più elaborato e magari emergono collegamen­ti con altri campi o con esperienze precedenti, insomma la soluzione è più creativa. Dopo tutto, Michelange­lo ha temporeggi­ato anni prima di iniziare il Giudizio Universale della Cappella Sistina, Rossini finiva all’ultimissim­o momento (a volte anche fuori tempo massimo) di scrivere le ouvertures delle sue opere. Frank Lloyd Wright lasciò passare un anno prima di produrre, forzato dal committent­e esasperato, lo schizzo della Casa sulla cascata. Martin Luther King mise mano al suo famoso discorso « I have a dream» la notte prima del fatidico 28 agosto 1963 e lo stesso ha sempre fatto Bill Clinton. Anche Steve Jobs sembra sia stato un accanito procrastin­atore e non possiamo certo dire che mancasse di creatività.

Curiosamen­te, il più sorpreso di questo risultato è proprio l’autore che, pur essendo sempre stato uno di quelli che fanno le cose presto e bene, ha dovuto ricredersi. Convinto del risultato, ha iniziato a farsi forza per imparare a procrastin­are, nella speranza di aumentare anche la sua di creatività. Adam Grant,Originals: How NonConform­ists Move the World, Viking, pagg.336 $27,01

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