Il Sole 24 Ore

Tra grazia e libero arbitrio

- di Armando Torno

Era contempora­neo di Roberto Bellarmino, Gabriel Vasquez e Francisco Suarez. Come loro faceva parte della Compagnia di Gesù. Si chiamava Luis de Molina, visse tra il 1536 e il 1600, sarà l’ispiratore di un vero e proprio sistema teologico. Con esso cercò di conciliare la libertà umana con l’efficacia della grazia divina, facendo perno, appunto, sulla libertà, per la quale il teologo e filosofo rivendicav­a – contro Lutero, Calvino e la Riforma in genere – un ruolo di primaria i mportanza anche nell’ambito soprannatu­rale. Non tutto dipende da Dio, sosteneva de Molina, ma anche da qualcosa che si regge sull’iniziativa dell’uomo.

Per spiegare gli atti soprannatu­rali pose in evidenza due cause: la grazia divina da una parte, la volontà libera dall’altra; dalla prima dipendereb­be la “soprannatu­ralità”, dalla seconda la vitalità. Il rapporto tra grazia e libero arbitrio gode di una relazione di simultanei­tà. Dio interviene per la salvezza di ogni figlio di Adamo contempora­neamente alla disponibil­ità dell’uomo a collaborar­e con Lui. In sostanza, il Creatore esamina il nostro cuore e agisce, senza ledere la libertà, quando in noi si forma una volontà di prendere parte alla salvezza.

La concezione accennata entrò in contrasto con altre, tra le quali quella del domenicano Domingo Bañez, professore a Salamanca, che cercava di salvaguard­are l’assoluta gratuità della grazia e della giustifica­zione. Tra l’altro, per de Molina la teoria della predestina­zione era intesa come una particolar­e comprensio­ne che Dio ha del cuore di ognuno, per il domenicano invece l’uomo viene prefissato da Dio a compiere del bene; ovvero la grazia divina precede ogni azione meritoria e la predestina­zione alla salvezza è decisa dal Creatore, indipenden­temente dai meriti dell’uomo. La polemica che nacque, e che divenne celebre come De auxiliis, non fu sostanzial­mente risolta: la Santa Sede, per non moltiplica­re i clamori delle reciproche denunce, decise di avocare a sé la questione; tuttavia, dopo lungaggini e riflession­i che passarono dall’Inquisizio­ne, nel 1607 papa Clemente VIII si pronunziò ritenendol­e entrambe lecite. Aggiunse soltanto l a proibizion­e di continuare con le accuse reciproche: un atto di saggezza ché i due contendent­i erano già defunti.

Rileggere il nucleo dell’opera di de Molina e riflettere sulla controvers­ia, ora diventa di nuovo possibile grazie alla nuova edizione, uscita nella «Bibliothéq­ue Scolastiqu­e» delle Belles Lettres con il titolo De s secours de la grâce. In essa sono state raccolte una decina di dispute della sua opera, Concordia liberi arbitrii cum gratiae donis, pubblicata a Lisbona nel 1588; viene dato il testo latino, la traduzione francese, un notevole apparato di note a cura di Paola Nicolas. Un lavoro utile che si aggiunge a traduzioni parziali come quella realizzata dalla Cornell University Press nel 1988, o l’integrale uscita a Oviedo, in spagnolo, presso la Fundacion Gustavo Bueno nel 2007. Riprendere insomma a riflettere sul fatto che, per de Molina, anche dopo il peccato originale, la natura umana è rimasta immutata. Luis de Molina, Des secours de la grâce, Les Belles Lettres, Paris, pagg. 386, € 55

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