Tra sipari, teiere e topi arriva lo Schiaccianoci
Sconfessa l’ i d e a c h e g l i s p e t t a c o l i di balletto per bambini, in specie quelli natalizi, debbano essere paccottiglie di effetti, il fantasioso Schiaccianoci di Amedeo Amodio e Emanuele Luzzati, indimenticabile scenografo e costumista dall’immaginazione “infantile”, ma tale perché ghiotta di tanta avanguardia pittorica del ’900. Nel 1989, fu il coreografo, allora alla testa dell’Aterballetto, a volere al suo fianco pure il Teatro Gioco Vita, esperto manipolatore di ombre, e Gabriella Bartolomei, straordinaria vocalist, pe r u n o Schiaccianoci ancorato alla dimensione infera del racconto Schiaccianoci e il Re dei topi del romantico E.T.A. Hoffmann, e non più all’edulcorata riduzione di Aleksandr Dumas, utile nel 1892, alla versione originale del balletto di Marius Petipa e Lev Ivanov, anche se poco amata da Čajkovskij, comunque artefice di una partitura piena di estasi e desi- derio velato di malinconia.
Ora quello stesso Schiaccianoci dell’89, risorto grazie ad Amodio e a composti ballerini di varie provenienze, piacerà molto a piccini e adulti senza pregiudizi. I topoi del balletto, come il valzer dei fiocchi di neve, il divertissement e il grand pas de deux finale, si mescolano a ombre sul fondo o sopra veli irrompenti in scena - per noi quella degli “Arcimboldi”, a Milano -, inseguendo le sorti della noce dura Krakatuk, convergenza di tutte le metamorfosi oniriche di Hoffmann. Motore della storia è un damerino (Drosselmeier, il mago): apre il sogno in un contesto sonoro “meccanico”, qua e la ripetuto, - quando a esempio s’affaccia il sorprendente uomo dai mille orologi sonori, o la madre Topona coi fonemi scricchiolanti della Bartolomei, - e lo destina a Clara, la protagonista e solo nel primo atto al dispettoso fratello Fritz.
Gli adulti ci sono, in costumi e parrucche sgargianti, e persino immersi in poltrone (i nonni) vagamente cubiste. Ma la notte predomina sul giorno dei grandi; le lotte coi topi sono ombre-incubo o con le loro sagome portate in volo. E i danzatori-fantocci rigonfi, dalle mille forme e colori in stile Bauhaus, il gioco dei sipari e teatrini aperti e chiusi l’uno nell’altro sono un tripudio di magia. Danzano ballerini in tazze e teiere, uccelli in gabbia, e il piccolo sa diventare grande. Come lo schiaccianoci del finale: un bel ragazzo in bianco per la bimba cresciuta in una presumibile ma di certo non più piatta realtà.