Un pesce di nome zia
Si chiama Erasmo e ha «la tendenza a prendere le cose con filosofia», ma non ha scritto nessun Elogio della follia, non ancora almeno. Pur avendo lo stesso nome dell’olandese, Erasmo è “solo” un fantasioso ragazzino di 13 anni, con due orecchie a sventola sensibilissime, come un radar, «come il telescopio di un sottomarino»: sono queste le antenne del suo spiccato talento musicale, e infatti fa il Dj il sabato pomeriggio in discoteca.
È lui il protagonista di Elogio dell’Acqua, libro per adolescenti e preadolescenti firmato da Daniela Maddalena, illustrato da Laura Fanelli, edito da Marcos y Marcos e primo di una serie dedicata alle «avventure di Erasmo» nei diversi elementi: acqua, aria e così via. Il giovanotto vive con una strampalata zia, sorella della madre, morta quando il bambino aveva 5 anni; il padre, invece, è un capitano di lungo corso, sparito con la nave e l’equipaggio due mesi prima.
La storia inizia in un torrido agosto, quando la zia decide di salpare, insieme con il nipote, alla ricerca del genitore scomparso. La partenza è rocambolesca e improvvisata, anche perché i due devono scappare dall’inacidita assistente sociale, che vorrebbe portare Erasmo al «Centro di sostegno per i preadolescenti in difficoltà», giudicando poco ortodossi e troppo picareschi i metodi educativi della zia.
In barba alle regole sociali, la strana coppia si mette in viaggio: non su una barca, ma a nuoto! La donna, infatti, è una mezza pesciolona, dotata di una specie di branchie, di un «cuore umido» e di occhi laterali, esattamente come i pesci, che «preferiscono guardarsi di profilo perché dona di più alla loro forma slanciata». Le avventure si susseguono senza sosta, da un sadico concerto sottomarino al set di un film su Noè: durante il primo, il ragazzino rischia di essere malmenato da una piovra, frontman del gruppo musicale in cui canta (in playback!) uno squalo, circondato da gamberi danzerini. Sul secondo, invece, Erasmo e la zia vengono sequestrati da un regista dispotico e con la “evve moscia”, il quale nasconde trame ben più losche che quella di girare un lungometraggio sull’Arca.
Nel mezzo, fanno la loro comparsa un pescatore di buon cuore, tal Salvatore; un gruppetto di sogliole ospitali, che offre un tè alla zia; un pescane che li inghiotte nella pancia; un villaggio vacanze diretto da un uomo permale; un’orda di sirene diavolesse, da cui probabilmente il padre si è fatto incantare e incatenare – ah, i padri!... Anche quello, però, si rivelerà un tranello ben orchestrato, che il piccolo deve affrontare e superare, come un pivello delle favole.
Onirica e avvincente è la trama, che pur si aggroviglia, sfilaccia e dilunga più volte, per poi precipitare in un finale inopinatamente spiazzante. La bontà del romanzo non sta però nell’intreccio quanto nella lingua, giocosamente musicale e ambiguamente ironica: l’autrice, infatti, è musicista e insegnante di conservatorio. Perciò si è immaginata una zia che parla solo in versi, quasi cantando, un nipote che possiede il «senso zierno» e un mare che gira e rigira i protagonisti, proprio come fa un pizzaiolo con il suo impasto fresco.