Quadro aggiornato per i «trasfertisti»
Le agevolazioni spettano ai lavoratori che non hanno una sede, si spostano continuamente e non hanno indennità variabili Il decreto fiscale conferma le indicazioni date dall’Inps ma contestate dai giudici
Con le modifiche introdotte, in sede di conversione, al decreto legge 193 (il decreto fiscale), le disposizioni si allineano alle indicazioni dell’Inps e dettagliano i requisiti per identificare i lavoratori “trasfertisti”. Viene così superata così una incertezza operativa che persisteva da molti anni e che era anche dovuta alle diverse posizioni sostenute dalla prassi e dalla giurisprudenza.
pLa legge si allinea alle indicazioni dell’Inps e dettaglia i requisiti per identificare i lavoratori “trasfertisti”. A farlo è l’articolo 7-quinquies, inserito dalla legge 225/2016 di conversione del decreto fiscale (Dl 193/2016), che introduce una norma interpretativa e delinea il perimetro di applicazione delle agevolazioni fiscali per i trasfertisti.
Si tratta di un intervento atteso da molti anni anche a causa della mancata approvazione di un decreto interministeriale che avrebbe dovuto identificare con precisione i beneficiari delle agevolazioni. L’incertezza operativa era anche dovuta alle diverse posizioni sostenute dalla prassi e dalla giurisprudenza.
Le indicazioni del passato
Il ministero delle Finanze, già nella circolare 326/97, ha distinto le trasferte dal trasfertismo. Si ricade nel primo caso quando il lavoratore dipendente presta la propria attività lavorativa fuori dalla sede di lavoro, che è il luogo stabilito dal datore di lavoro e indicato nella lettera o nel contratto di assunzione.
I trasfertisti invece sono quei lavoratori tenuti per contratto a svolgere l’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, ai quali - in funzione delle modalità di esecuzione dell’attività - vengono corrisposte delle somme di denaro in modo continuativo e non in relazione a una specifica “trasferta”. L’indennità o maggiorazione di retribuzione che viene attribuita a questi lavoratori è infatti dovuta per contratto per tutti i giorni retribuiti, a prescindere dal fatto che il dipendente sia andato in trasferta. Il ministero del Lavoro, con la nota 25/I/8287 del 20 giugno 2008, ha aggiunto che «il lavoratore debba considerarsi trasfertista ove il contratto non preveda una sede di lavoro predeterminata».
L’Inps, con il messaggio 27271 del 5 dicembre 2008, ha messo a sistema gli elementi citati, chiarendo che, per parlare di trasfertismo, occorre che siano presenti contemporaneamente tre requisiti: il requisito formale della mancata indicazione nel contratto o nella lettera di assunzione della sede di lavoro; il requisito sostanziale dello svolgimento di un’attività che richieda la continua mobilità del dipendente (lo spostamento costituisce quindi contenuto ordinario della prestazione di lavoro); e il requisito retributivo basato sull’erogazione di un’indennità o maggiorazione in misura fissa senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove si è svolta la trasferta.
Di diverso parere la giurispru- 7I trasfertisti sono i lavoratori tenuti per contratto a svolgere l’attività in luoghi sempre variabili e diversi. Con la norma di intepretazione autentica contenuta nella legge di conversione del decreto fiscale è stato chiarito che per accedere alle agevolazioni fiscali è anche necessario che non sia indicata la sede di lavoro nel contratto o nella lettera di assunzione e che l’indennità o maggiorazione di retribuzione sia corrisposta con continuità, a prescindere dal fatto che il dipendente si sia recato in trasferta o no. denza, per cui non sarebbero determinanti né l’indicazione della sede di lavoro nel contratto o nella lettera di assunzione, né la continuatività delle erogazioni per individuare i trasfertisti, a patto che sia dimostrata la continua mobilità del lavoratore (sentenza 396 del 13 gennaio 2012 della Cassazione).
Le agevolazioni
L’articolo 7-quinquies del decreto fiscale conferma ora la prassi Inps: perché i lavoratori siano considerati trasfertistioccorrechesianopresenti contemporaneamente le tre condizioniindicateche-ascansodiequivoci - sono state quasi integralmente trasfuse nella legge.
Da un punto di vista fiscale - diversamente dal trattamento delle trasferte, previsto dall’articolo 51, comma 5, del Tuir, che varia a seconda se siano svolte all’interno o all’esterno del territorio del Comune in cui il dipendente ha la sede di lavoro (si veda l’articolo a fianco) – le indennità o le maggiorazioni di retribuzione erogate per il trasfertismo concorrono a formare il reddito nella misura del 50% del loro ammontare e, per lo stesso importo ridotto, a determinare la base imponibile contributiva (articolo 51, comma 6, Tuir).
Ai trasfertisti non si dovrebbe applicare la disciplina delle trasferte prevista dal comma 5; ma ciò è consentito se, per uno o più specifici incarichi, ricorrono le condizioni indicate dallo stesso comma 5: il legislatore non ha espressamente escluso questa possibilità come, invece, ha fatto per le indennità di trasferimento. Queste le conclusioni cui è giunto il ministero nella circolare 326/97 – già avallate in dottrina – e che si possono ritenere ancora attuali visto che l’articolo 7-quinquies ha recepito la prassi amministrativa.