Renzi accelera, primarie il 26 febbraio
Il leader Pd punta ancora sul voto a marzo - Obiettivo legge elettorale «seria» o meglio aspettare la Consulta
pVeloce verso le primarie aperte che concluderanno il congresso del Pd, con i gazebo operativi per domenica 26 febbraio. In tempo per andare alle elezioni a marzo. QuestoiltimingcheMatteoRenzi, daPontassieve,dettaperilsuopartito. E per il suo percorso, ora che è fuori dal governo. Il 18 dicembre, dunque, l’assemblea nazionale del Pd avvierà la fase congressuale. E due giorni dopo la direzione del partito metterà nero su bianco il regolamento per il congresso. Infine entro due mesi, fatte prima le primarie degli iscritti come prevede lo statuto, il voto degli elettori dem. Ed è chiaro che è a quel voto che punta il leader del Pd per rilegittimarsi alla guida del partito e comecandidatopremieralleprossime elezioni politiche. Il regolamento per il congresso finora non è mai stato scritto in maniera definitiva, ma deciso di volta in volta (dopo le prime primarie del Pd, quelle vinte da Veltroni, ci sono state le primarie vinte da Pier Luigi Bersani contro Dario Franceschini nel 2009 e poi quelle del 2013 vinte da Renzi contro Bersani). E potrebbe esserci anche il passaggio delle dimissioni per poter anticipare il congresso. Ma sarebbe un passaggiosoloformale.Dapartedi Renzi non sembra esserci l’intenzione di gesti eclatanti come quello di lasciare il partito per poter fare più liberamente la campagna elettoraleperleprimarie.Infondo, dice, sono solo due mesi.
Il nodo resta per Renzi quello della fine della legislatura, da qui l’accelerazione sulle primarie del Pd. L’ideale sarebbe marzo, anche se Renzi stesso è consapevole che forse non ce la si farà dato che la Consulta ha fissato la sua udienza sull’Italicum per il 24 gennaio. Ma tenere la barra dritta su marzo vuoledireottenerealmenogiugno.Perché oltre, dal punto di vista del leader Pd, non si può andare. Pena essere crocifissi da M5S e Lega. I giorni dopo le dimissioni da presidente delConsigliosonoancheigiornidei bilanci, per Renzi. A pagina 6 riportiamo le consegne al suo successore Paolo Gentiloni. Consegne in cui c’è tutto l’orgoglio delle cose fatte, che non si esauriscono con le bocciate riforme costituzionali. Ripensando a questa Campagna elettorale, il leader Pd ha un solo rammarico: «A ripensarci, avrei dovuto dimettermi prima del 4 dicembre come qualcuno ha detto per sgombrare il campo dalla mia persona», confida ai suoi. Per il resto c’è l’amarezza di dover constatare che quel No del 60% degli italiani ci riporta dritti alla Prima Repubblica. E c’è poco da fare per impedirlo, è nelle cose. Si potrebbe anche intervenire prima del giudizio della Consulta per riportare la materia elettorale nel suo luogo naturale ossia il Parlamento, è il ragionamento di Renzi. Ma il Pd è disposto a intervenire solosesifaunaleggeelettoralechevada nella direzione di mantenere almeno un po’ di maggioritario. Il Mattarellum, ad esempio. Ma chi ci sta? Fi non vuole, e il M5S è stato finora inaffidabile. Allora tanto vale aspettareladecisionedellaConsulta e prenderne atto. Perché di una cosa si può stare certi: la sua faccia e quelladelPdsulproporzionaleesul ritorno alla Prima Repubblica Renzi non ce la metterà mai.