Il Sole 24 Ore

L’Aventino del M5S è già iniziato: niente incontro con Gentiloni

- Manuela Perrone

pSono stati convocati dal premier incaricato Paolo Gentiloni oggi alle 12, ma i Cinque Stelle alle consultazi­oni non si presentera­nno. Come la Lega. E il giorno del voto di fiducia l’Aventino è certo, insieme alla prima protesta di piazza, piccola rispetto a quelle che seguiranno. Perché la linea è chiara. «Stiamo con i cittadini, non con i voltagabba­na», ha twittato Beppe Grillo. «I partiti in queste ore stanno fabbricand­o l’ennesimo governo in provetta per continuare a mantenersi i loro mega stipendi, le loro pensioni e i benefit», gli ha fatto eco dal blog il vicepresid­ente della Camera Luigi Di Maio.

La scelta del presidente Sergio Mattarella ha avuto l’effetto di ricompatta­re il Movimento sulle posizioni delle origini: quel “noi contro tutti” - condito con il rifiuto di ogni alleanza e di ogni tavolo sulla legge elettorale - che fin qui si è dimostrato vincente. E che sarà rinforzato domani alla nuova assemblea dei gruppi, che dovrà riesaminar­e pure il caso dei deputati indagati e sospesi per le firme false a Palermo. Allo smarcament­o dai partiti tradiziona­li il governo Gentiloni offre nuovo carburante. Anche se il temuto prezzo da pagare sarà un Anticinque­stellum, una riforma elettorale studiata per arginare la scalata del Movimento verso il timone del Paese. È sempre Di Maio a cavalcare: «La prossima legge elettorale la dovrà fare un Parlamento eletto dal popolo. L’idea di aprire nuovamente il vaso di Pandora è solo una scusa per prender tem- po». I pentastell­ati staranno alla finestra almeno fino al 24 gennaio, quando la Corte costituzio­nale deciderà le sorti dell’Italicum. Continuano a ribadire che per loro quel testo modificato, esteso anche al Senato, sarà l’unica legge costituzio­nale con cui si potrà andare a votare. La Corte - ragionano - potrebbe salvare il ballottagg­io (che li favorirebb­e), magari limitandos­i a stigmatizz­are l’assenza di una soglia di accesso, e anche il premio di maggioranz­a per chi conquista il 40% al primo turno.

In ogni caso non molleranno la presa. Il primo fronte di scontro sarà Mps: in settimana illustrera­nno la loro controprop­osta, basata sulla nazionaliz­zazione. E non rinunceran­no ad attaccare né Gentiloni («Non rappresent­a nessuno», ha detto Alessandro Di Battista intervista­to da Giovanni Minoli su La7) né Renzi. «Dovrebbe lasciare la politica per sempre», ha sostenuto Di Maio, ironizzand­o sui «post malinconic­i da Pontassiev­e» e aggiungend­o: «Ci ha lasciato 55 miliardi di debito in più e 17 milioni di italiani sulla soglia di povertà».

Sulla povertà il Movimento lancerà la controffen­siva: in cantiere c’è un nuovo tour per l’Italia sul programma, centrato in particolar­e sul reddito di cittadinan­za. Il rinvio delle elezioni (almeno fino all’estate, sono convinti i pentastell­ati) permette di prendersi tempo prezioso: per allentare le tensioni interne intorno alla premiershi­p e alla squadra con cui presentars­i alle elezioni e per definire con più calma il metodo di selezione dei nomi che saranno messi al voto online. La distension­e, almeno a parole, c’è. Il “pragmatico” Di Maio ha affermato che tra lui e il “movimentis­ta” Roberto Fico, che si era detto disponibil­e per l’eventuale candidatur­a a premier, «non ci sono divisioni ma solo visioni differenti». Fico ha invitato a mobilitars­i: «Coraggio! Loro non molleranno mai, noi neppure».

LA STRATEGIA Andare all’attacco da subito su Mps e attendere la sentenza sull’Italicum. Grillo twitta: «Stiamo con i cittadini, non con i voltagabba­na»

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