L’Aventino del M5S è già iniziato: niente incontro con Gentiloni
pSono stati convocati dal premier incaricato Paolo Gentiloni oggi alle 12, ma i Cinque Stelle alle consultazioni non si presenteranno. Come la Lega. E il giorno del voto di fiducia l’Aventino è certo, insieme alla prima protesta di piazza, piccola rispetto a quelle che seguiranno. Perché la linea è chiara. «Stiamo con i cittadini, non con i voltagabbana», ha twittato Beppe Grillo. «I partiti in queste ore stanno fabbricando l’ennesimo governo in provetta per continuare a mantenersi i loro mega stipendi, le loro pensioni e i benefit», gli ha fatto eco dal blog il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio.
La scelta del presidente Sergio Mattarella ha avuto l’effetto di ricompattare il Movimento sulle posizioni delle origini: quel “noi contro tutti” - condito con il rifiuto di ogni alleanza e di ogni tavolo sulla legge elettorale - che fin qui si è dimostrato vincente. E che sarà rinforzato domani alla nuova assemblea dei gruppi, che dovrà riesaminare pure il caso dei deputati indagati e sospesi per le firme false a Palermo. Allo smarcamento dai partiti tradizionali il governo Gentiloni offre nuovo carburante. Anche se il temuto prezzo da pagare sarà un Anticinquestellum, una riforma elettorale studiata per arginare la scalata del Movimento verso il timone del Paese. È sempre Di Maio a cavalcare: «La prossima legge elettorale la dovrà fare un Parlamento eletto dal popolo. L’idea di aprire nuovamente il vaso di Pandora è solo una scusa per prender tem- po». I pentastellati staranno alla finestra almeno fino al 24 gennaio, quando la Corte costituzionale deciderà le sorti dell’Italicum. Continuano a ribadire che per loro quel testo modificato, esteso anche al Senato, sarà l’unica legge costituzionale con cui si potrà andare a votare. La Corte - ragionano - potrebbe salvare il ballottaggio (che li favorirebbe), magari limitandosi a stigmatizzare l’assenza di una soglia di accesso, e anche il premio di maggioranza per chi conquista il 40% al primo turno.
In ogni caso non molleranno la presa. Il primo fronte di scontro sarà Mps: in settimana illustreranno la loro controproposta, basata sulla nazionalizzazione. E non rinunceranno ad attaccare né Gentiloni («Non rappresenta nessuno», ha detto Alessandro Di Battista intervistato da Giovanni Minoli su La7) né Renzi. «Dovrebbe lasciare la politica per sempre», ha sostenuto Di Maio, ironizzando sui «post malinconici da Pontassieve» e aggiungendo: «Ci ha lasciato 55 miliardi di debito in più e 17 milioni di italiani sulla soglia di povertà».
Sulla povertà il Movimento lancerà la controffensiva: in cantiere c’è un nuovo tour per l’Italia sul programma, centrato in particolare sul reddito di cittadinanza. Il rinvio delle elezioni (almeno fino all’estate, sono convinti i pentastellati) permette di prendersi tempo prezioso: per allentare le tensioni interne intorno alla premiership e alla squadra con cui presentarsi alle elezioni e per definire con più calma il metodo di selezione dei nomi che saranno messi al voto online. La distensione, almeno a parole, c’è. Il “pragmatico” Di Maio ha affermato che tra lui e il “movimentista” Roberto Fico, che si era detto disponibile per l’eventuale candidatura a premier, «non ci sono divisioni ma solo visioni differenti». Fico ha invitato a mobilitarsi: «Coraggio! Loro non molleranno mai, noi neppure».
LA STRATEGIA Andare all’attacco da subito su Mps e attendere la sentenza sull’Italicum. Grillo twitta: «Stiamo con i cittadini, non con i voltagabbana»