Il centrodestra guarda già alla legge elettorale
pIl fronte è lo stesso. Fi, Lega e FdI si sono dichiarati contrari a qualunque governo di responsabilità nazionale e lo confermeranno a breve in occasione del voto di fiducia al nascente esecutivo Gentiloni. Ma al di là di questa comune appartenenza la prova del nove dell’unità del centrodestra sarà sulla legge elettorale. Il premier incaricato ha già anticipato che il governo si limiterà a «facilitare» e ad «accompagnare» il Parlamento per la realizzazione di questo obiettivo. Non ci sarà dunque, come con Renzi, una proposta del Governo ma starà alle forze politiche trovare l’intesa. Berlusconi ha già anticipato la disponibilità al confronto, assicurando che la sua sarà un’opposizione all’insegna della responsabilità.
Il Cavaliere non vuole rompere con gli alleati. Tant’è che già martedì si riunirà il tavolo tecnico con Lega e FdI per mettere a punto un’ipotesi di riforma elettorale. Meloni ieri ha sottolineato che potrebbe essere l’occasione per definire anche il tema delle primarie. Una richiesta che finora il Cavaliere ha snobbato e che adesso, con il siluramento dell’Italicum, potrebbe addirittura diventare inutile visto che se si dovesse andare verso un sistema proporzionale puro, sia pure mitigato da soglie di sbarramento, ogni partito correrà per conto proprio. Berlusconi però non vuole offrire appigli e ha dato mandato ai suoi capigruppo di non mettere veti nel confronto con gli alleati, primarie comprese.
Ma la legge elettorale non è l’unico punto su cui la coalizione di centrodestra rischia di divider- si. A differenza infatti del Cavaliere, sia Fdi che la Lega hanno già annunciato una mobilitazione contro Gentiloni bollato da Salvini come «una fotocopia sfigata di Renzi». La Lega ha già anticipato che - a differenza di Fi - non parteciperà alle consultazioni e da sabato prossimo tornerà in piazza con una serie di manifestazioni al grido di «voto subito». Sulla stessa lunghezza d’onda anche Meloni che dà appuntamento al 22 gennaio contro quello che ha già ribattezzato «il governo del burattino delle lobby».