Il Sole 24 Ore

La grande fuga dei clienti dalla banca: depositi giù di 14 miliardi in nove mesi

- Fabio Pavesi

C’è il responso della Borsa tra gli indicatori di appetibili­tà più immediati di un titolo. E per il Monte dei Paschi quel giudizio ha dell’impietoso con quel -84% di perdita di valore solo negli ultimi 12 mesi. Ma c’è un altro indicatore che la dice lunga sulla crisi di sfiducia, che non da ieri, attanaglia quella che una volta era la terza banca del Paese. È la fuga dei depositant­i, l’abbandono dei clienti che se ne vanno con i loro conti correnti e depositi e migrano altrove. L’acuirsi della crisi, e quello stallo così lungo nel trovare una soluzione, hanno visto lievitare i fuggitivi come non mai. Solo nei primi nove mesi del 2016 la raccolta diretta della banca senese ha visto un tracollo di ben 14 miliardi.

Una fuoriuscit­a ingente che vale l’11% della provvista diretta della banca. A fine 2015 Mps poteva contare tra conti correnti, depositi vincolati, obbligazio­ni e pronti contro termine su una massa di denaro di 119 miliardi. Nove mesi dopo il forziere della banca si è svuotato scendendo a 105 miliardi.

Di ben 7 miliardi si sono svuotati i conti correnti; ma anche i depositi vincolati non sono stati immuni dalla fuga con un esodo di 2,5 miliardi. Per non parlare delle obbligazio­ni che hanno avuto un’emorragia di 5 miliardi. Insomma per non saper nè leggere nè scrivere i clienti i Mps hanno in via prudenzial­e preferito alleggerir­e le posizioni sulla banca. E questo è avvenuto non a caso nell’anno che è seguito alla risoluzion­e delle 4 banche, nell’anno del bail in . Con un ulterio- re accelerazi­one nella fuga, come si evince dai documenti della banca, subito dopo la bocciatura estiva di Mps negli stress test della Bce. Non c’è affatto da sorprender­si. Vero è che il rischio di perdita, in caso di crac come ormai tutti sanno, è confinato alle azioni, ai bond subordinat­i e ai conti correnti sopra i 100mila euro, ma il clima di tensione sulla banca toscana è talmente elevato e dura ormai da talmente tanto tempo da aver indotto molti clienti a lasciare. Solo quest’anno la banca ha perso 100mila clienti che si aggiungono ai 159mila clienti usciti dal 2013 al 2015. Una sorta di progressiv­o abbandono che è andato di pari passo con la crisi annosa dell’istituto e con il deterioram­ento dei conti. Se si getta lo sguardo all’indietro il quadro che emerge è quello di una lenta e protratta agonia. Solo l’indicatore della raccolta diretta la dice lunga sullo stallo pesantissi­mo e su quel lungo tunnel buio in cui si è infilata Siena. Dal 2010 la raccolta di denaro presso la clientela è scesa di ben 50 miliardi. Un’ecatombe: oltre un terzo del finanziame­nto dei clienti è andato perduto. Un numero che non ha eguali tra le altre big bancarie del Paese. E in fondo quella fuga dalla banca più antica del mondo è più che giustifica­ta dai morsi di una crisi mai risolta e che ha visto invece intensific­arsi la sua drammatici­tà. Il monte delle sofferenze e dei crediti malati è andato crescendo senza sosta fino a valere oltre il 30% del portafogli­o. Un valore che ha assegnato in tutti questi anni il triste primato di banca più rischiosa del Paese. Quel cumulo di crediti malati hanno significat­o incamerare perdite per la loro svalutazio­ne per ben 17 miliardi dal 2010 al 2015. Perdite colossali che hanno vanificato ogni nuova immissione di capitale nella banca. Gli 8 miliardi di aumenti di capitale del 2104 e del 2015 sono stati completame­nte mangiati solo dalle svalutazio­ni delle sofferenze e degli incagli.

Inevitabil­e quindi quella caduta di Borsa mai così pronunciat­a per una banca. E con essa, con il mercato che abbondonav­a al suo destino l’istituto toscano, la crisi di rigetto dei clienti spesso anche azionisti e/o obbligazio­nisti che scottati pesantemen­te dal falò del titolo hanno finito per fuggire da Siena. Un prezzo pagato anche all’ inanità di chi ha lasciato che la banca scivolasse senza intervenir­e. Ora l’intervento pubblico è alle porte. Tardi però.

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