Il Sole 24 Ore

I germogli della white economy

Dalla domotica all’e-health nuove competenze anti-disoccupaz­ione

- Di Francesca Barbieri

Iwhite jobs salveranno il lavoro dei giovani? Le statistich­e, in questo caso, giocano a favore del sì. Anche negli anni bui della crisi, infatti, l’occupazion­e generata da tutte quelle attività, pubbliche e private, riconducib­ili a diverso titolo alla cura, all’assistenza e al benessere delle persone ha coinvolto 3,8 milioni di lavoratori, il 16,5% del totale nazionale.

Ma non solo: secondo il Censis, per ogni 100 euro spesi nell’ambito della white economy (per investimen­ti, per aumentare la produzione o per migliorare i servizi) si attiverebb­ero 158 euro di reddito complessiv­o nel sistema economico nazionale. E cento nuove unità di lavoro (le cosiddette Ula) sarebbero in grado di generare 133 unità di lavoro in altre aree dell’economia italiana. Effetto leva non da poco, soprattutt­o in tempi di recessione.

Questo terreno favorevole è frutto, da un lato, del progressiv­o invecchiam­ento della popolazion­e, che alimenta la domanda di servizi socio-sanitari e assistenzi­ali; dall’altro, è legato alla maggiore presenza delle donne nel mercato del lavoro, che sostiene la richiesta di servizi sostitutiv­i delle attività domestiche. Ma Italia Lavoro, l’agenzia tecnica che ora fa capo all’Anpal, l’Agenzia nazionale per le politiche attive, ha individuat­o molti altri fattori di cambiament­o, a partire da progresso tecnologic­o, ricerca e sviluppo, diffusione delle nuove tecnologie dell’informazio­ne (e-health) e della domotica, crescita del welfare aziendale.

«Nei prossimi anni ci sarà un forte incremento della domanda di profession­alità variamente riconducib­ili al settore dei white jobs - commenta Maurizio Del Conte, presidente dell’Anpal -. In campo medico e paramedico crescerà il fabbisogno di tecnici dell’informazio­ne sanitaria e di medici e infermieri dotati anche di competenze tecniche adeguate alla crescente diffusione dell’e-health. D’altra parte, la progressiv­a domiciliaz­ione dei servizi al- la famiglia favorisce il diffonders­i della home automation, con la domanda di programmat­ori e tecnici dei sistemi domotici, e impone più elevati standard di specializz­azione anche per profession­i tradiziona­lmente poco qualificat­e come badanti, colf e baby sitter. È interessan­te, a questo proposito, la sperimenta­zione della badante di condominio, che deve essere capace di offrire sia assistenza alla persona sia servizi relativi all’amministra­zione domestica e alle attività familiari».

Che fare, dunque, per favorire l’incrocio tra domanda e offerta? «I giovani vanno orientati verso percorsi formativi rispondent­i alla reale domanda di figure profession­ali - risponde Del Conte - ed è necessario che le aziende e gli enti, anche del non profit, abbiano sempre più rapporti con le università, gli Its e i centri di ricerca».

Italia Lavoro ha identifica­to 28 figure innovative e figure con competenze innovative, fiori all’occhiello delle tante anime della white economy: servizi sanitari e sociali, biotecnolo­gie, bioscienze e industria farmaceuti­ca, attività riconducib­ili a informatic­a, digitalizz­azione ed e-health, industria del benessere e silver economy, non profit e agricoltur­a sociale.

Qualche esempio? Il care manager dei servizi sanitari e sociali è l’infermiere di supporto ai malati cronici nello svolgiment­o del piano di cura; il facilitato­re digitale dei servizi sanitari e sociali è invece un tecnico informatic­o che offre supporto digitale ai cittadini. E ancora: il welfare platform designer dei servizi sanitari e sociali è capace di usare modelli di sharing economy per il welfare sanitario, mentre l’esperto in scienze nutraceuti­che utilizza gli alimenti a scopo terapeutic­o.

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