La riforma del cinema è a puntate
Ititoli di testa sono iniziati a scorrere ieri, ma per vedere l’inizio del film bisognerà attendere. Ci vorrà tempo, infatti, prima che la riforma del cinema - la legge 220 di quest’anno, entrata in vigore per l’appunto ieri - sortisca gli effetti promessi e attesi da decenni, perché è da tanto che si inseguiva una disciplina sistematica del nostro grande schermo. La nuova normativa prova a scuotere l’industria cinematografica - dopo interventi spot come la concessione del credito d’imposta, che ha comunque già avuto ricadute positive (si veda la tabella in fondo) - e lo fa in maniera organica, prendendo in considerazione l’intera filiera, dalle imprese di produzione a quelle di distribuzione, da chi gestisce le sale a chi si occupa di post-produzione, dalla promozione dell’offerta italiana alla disciplina dei rapporti di lavoro del settore.
Il problema è che le buone intenzioni devono fare i conti con la complessa sceneggiatura messa in campo dal legislatore, che ha affidato la piena operatività delle nuove regole a tutta una serie di decreti attuativi, con scadenze che variano a seconda delle materie e che, nella migliore delle ipotesi, non vedranno la luce prima di febbraio. Questo al netto delle vicissitudini governative nate dopo il referendum.
Basta, tuttavia, la sola trama del film della riforma - senza complicarsi la vita con la cabala politica - per rendersi conto che la nuova legge è solo all’inizio di un lungo cammino. Intanto c’è da tenere in considerazione che la riforma si compone di una parte di norme di settore e di tre deleghe. E questo fa la differenza anche sulla tempistica. Il tris di deleghe - tutela dei minori in ambito cinematografico, promozione dei film europei e italiani e disciplina del lavoro di chi sta sul set - deve essere attuato entro dicembre 2017, ovvero entro un anno a partire da ieri.
Le altre disposizioni, invece, avranno ancora più tempo per essere tradotte in pratica, perché si applicheranno a partire dal prossimo 1° gennaio. Da quel momento inizierà il conto alla rovescia per mettere a punto i decreti che dovranno rendere operative le norme di settore e dar luogo ai benefici annunciati. Alcuni regolamenti dovranno (teoricamente) essere pronti entro un mese - e, dunque, all’inizio di febbraio -, mentre per altri il legislatore ha concesso quattro mesi. Nella migliore delle ipotesi, se ne riparlerà a maggio.
Un lavoro che ricade quasi interamente sul ministero dei Beni culturali. Entro un mese dovrà, per esempio, essere messo a punto il decreto per la gestione del neonato fondo per il cinema e l’audiovisivo, necessario per finanziare la grande maggioranza di interventi a favore del settore. Senza decreto, il fondo resta sulla carta. Così come occorreranno trenta giorni per il decreto che dovrà rendere operativo il Consiglio superiore del cinema e dell’audiovisivo.
Ben più fitta l’agenda dei decreti a 120 giorni. Si va da quello con cui inquadrare i requisiti del film al regolamento che dovrà definire i parametri per designare un’opera cinematografica o audiovisiva come italiana. Sempre entro quattro mesi dovranno vedere la luce le regole per la costituzione di una rete nazionale delle cineteche pubbliche, così come il corposo decreto (a meno che non si scelga di adottarne più di uno) che metta ordine nel variegato settore dei crediti d’imposta a sostegno dell’industria della pellicola. La riforma prevede, infatti, un tax credit per le imprese di produzione, per quelle di distribuzione, per la realizzazione di nuove sale e per la riapertura di quelle chiuse, per le imprese tecniche e di post-produzione, per il potenziamento dell’offerta cinematografica, per la produzione e distribuzione, da parte di imprese esterne al settore, di film in Italia e all’estero (in buona sostanza, chi “sponsorizza” una pellicola). Ciascun intervento di agevolazione fiscale ha aliquote proprie, che il decreto attuativo dovrà mettere in fila, insieme ai tetti degli importi ammissibili e alle procedure per accedere al bonus.
Insomma, in attesa dei titoli di coda, meglio mettersi comodi.