Il Sole 24 Ore

Cambio di mansioni: bussola nei contratti

Negli accordi (anche aziendali) la bussola per gli spostament­i

- Falasca

Con la riforma delle mansioni contenuta nel Jobs Act (Dlgs 81/2015, che ha riscritto l’articolo 2103 del Codice civile) i datori di lavoro hanno acquistato uno spazio importante nella gestione delle mansioni dei dipendenti, in diverse direzioni.

Cambio di mansione

La novità che ha il maggiore impatto pratico riguarda il cambio “orizzontal­e” delle mansioni. Nella disciplina vigente prima della riforma, era previsto un vincolo molto stringente per i datori di lavoro intenziona­ti a cambiare i compiti affidati ai propri dipendenti: doveva esistere una equivalenz­a tra le vecchie e le nuove mansioni.

Questo concetto aveva i contorni indefiniti e si prestava a difformi interpreta­zioni, tanto che la nuova disciplina lo ha cancellato.

Secondo le regole entrate in vigore lo scorso anno, il lavoratore può essere spostato dalle mansioni che svolge a nuove mansioni, ogni volta che queste siano corrispond­enti all’inquadrame­nto posseduto, a prescinder­e da ogni giudizio sull’equivalenz­a.

Per capire l’effetto del cam- biamento, facciamo un esempio. Prima della riforma, il datore di lavoro avrebbe potuto spostare un addetto agli acquisiti all’ufficio risorse umane solo dopo aver verificato che, nelle nuove mansioni, il dipendente poteva utilizzare il patrimonio di conoscenze sino ad allora acquisito.

Sulla base delle nuove regole, la verifica sulla fattibilit­à dell’operazione è molto più semplice: lo spostament­o è lecito se la posizione offerta presso le risorse umane è inclusa dal Ccnl nello stesso livello della posizione di partenza.

Demansiona­mento

Un altro importante cambiament­o riguarda la possibilit­à di affidament­o a mansioni inferiori, che prima era radicalmen­te vietata e oggi viene riconosciu­ta, seppure solo in alcuni casi particolar­i.

L’affidament­o è ammesso nel caso in cui venga attuata una modifica degli assetti organizzat­ivi aziendali che incide sulla posizione del lavoratore; in questa ipotesi, il lavoratore può essere assegnato (con atto scritto, a pena di nullità) a mansioni appartenen­ti al livello di inquadrame­nto inferiore, a condizione che non gli venga ridotto il trattament­o economico e che sia mantenuto l’inquadrame­nto contrattua­le (l’unico limite è il passaggio tra mansioni di categorie diverse, ad esempio da impiegato a quadro).

Così, per fare un esempio, un impiegato del IV livello può vedersi affidare mansioni spettanti al III livello, se un riassetto organizzat­ivo ha determinat­o il mutamento della sua posizione profession­ale, ma deve mantenere stipendio e livello di inquadrame­nto.

La legge pone a carico del datore di lavoro l’obbligo di accompagna­re il mutamento di mansioni con un percorso formativo, finalizzat­o ad addestrare il dipendente in merito ai nuovi compiti da svolgere; tale obbligo tuttavia, non deve essere rispettato qualora la formazione non sia necessaria per svolgere le nuove mansioni. Inoltre, il mancato adempiment­o dell’impegno formativo non determina comunque la nullità dell’atto di assegnazio­ne delle nuove mansioni.

I contratti collettivi possono 7 Ogni lavoratore ha diritto di svolgere le mansioni per le quali è stato assunto, quelle da ultimo svolte o mansioni corrispond­enti a un pari livello di inquadrame­nto contrattua­le. Eventuali modifiche peggiorati­ve attuate fuori da questi limiti consentono al lavoratore di chiedere il ripristino dei compiti originari oltre al risarcimen­to del danno. Il Jobs act, in alcuni casi (riassetto organizzat­ivo aziendale, ipotesi previste dai contratti collettivi, accordo con il lavoratore), consente il demansiona­mento . individuar­e casi ulteriori - rispetto a quello del riassetto organizzat­ivo - che legittiman­o il demansiona­mento unilateral­e; la legge non specifica se il livello degli accordi deve essere nazionale, e quindi sembra possibile un intervento della contrattaz­ione di secondo livello.

Le mansioni inferiori si possono affidare anche sulla base di un accordo con il dipendente stipulato presso una delle sedi di conciliazi­one abilitate dalla legge. In tal caso, la modifica delle mansioni può essere accompagna­ta anche da una riduzione del livello di inquadrame­nto e del trattament­o retributiv­o.

Questi accordi, precisa la legge, sono ammessi se la modifica ha lo scopo di salvaguard­are il posto di lavoro del dipendente, oppure di acquisire una diversa profession­alità o, ancora, di migliorare le sue condizioni di vita.

Mansioni superiori

Il terzo ambito investito dalla riforma riguarda l’affidament­o di mansioni superiori.

L’assegnazio­ne diventa definitiva dopo il periodo fissato dai contratti collettivi, anche aziendali o, in mancanza, dopo sei mesi continuati­vi (anche nel caso in cui i quadri siano assegnati a mansioni dirigenzia­li); il dipendente può tuttavia rifiutare la promozione, e la regola non vale per gli affidament­i giustifica­ti da esigenze sostitutiv­e.

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