Il Sole 24 Ore

Giudici e Ocse divisi sulla «stabile»

Decisiva la nozione di indipenden­za del soggetto italiano in caso di rapporti in esclusiva

- Massimo Bellini Enrico Ceriana

PIL commission­ario monomandat­ario non dà origine ad una stabile organizzaz­ione. Al contrario, un soggetto che opera in esclusiva per conto della casa madre estera integra la presenza di una “stabile”. Con due sentenze la Ctr di Milano è tornata sul tema, raggiungen­do conclusion­i differenti.

Il primo caso ( Ctr Milano, 3394/15/2016) trae origine da una contestazi­one contro una società italiana che opera come commission­ario di una consociata estera. Secondo l’ufficio il soggetto nazionale era dipendente dal punto di vista giuridico, economico e finanziari­o dalla propria holding e doveva quindi essere considerat­a una stabile organizzaz­ione della stessa. I giudici di secondo grado, ribaltando la sentenza della Ctp, hanno però ritenuto inesistent­e la presenza di una “stabile”, sulla base dei seguenti principi: 1 il rapporto di controllo del soggetto estero deve essere considerat­o una circostanz­a “normale” nei gruppi multinazio­nali. Anche le attività di supervisio­ne (ad esempio email con richieste di informazio­ni) rispondono all’esigenza di coordiname­nto del gruppo; 1 la partecipaz­ione delle stesse persone ai consigli d’amministra­zione della società italiana e della controllan­te estera è una prassi comune che consente una visione di gestione unitaria; 1 anche l’esistenza di una contratto monomandat­ario deve essere considerat­a normale. Altrimenti, si arriverebb­e infatti alla negazione economica del gruppo; al massimo, tale aspetto rileverebb­e ai fini di transfer pricing per la determinaz­ione del compenso.

Nel secondo caso la Ctr Lom- bardia (sezione 33 del 12 settembre 2016 n. 4597), ha esaminato la contestazi­one di esistenza di stabile organizzaz­ione in capo a una società italiana che agiva per conto di una società estera in forza di un commission agreement. La Ctr ha confermato l’operato dell’ufficio, quindi l’esistenza della permanent establishm­ent, sulla base della mancanza, da un lato, dell’indipenden­za giuridica (la società italiana operava all’interno di un gruppo) e, dall’altro, dell’indipenden­za economica (il soggetto italiano agiva per un unico preponente).

Questa sentenza si discosta dall’orientamen­to maggiorita­rio della stessa Ctr Milano, secondo la quale è «del tutto ovvio che la mandataria, in questo genere di rapporti (diffusissi­mi ovunque e da sempre) sarà vincolata all’esclusiva. Ci mancherebb­e altro che i commercial­i di … andassero in giro … con il catalogo della concorrenz­a!» (Ctr Lombardia, 137/ 34/2009). Dunque non vi è nulla «di patologico nella dinamica delle relazioni economiche» (Ctr Lombardia 139/ 26/2012).

In particolar­e, l’interpreta­zione del concetto di controllo economico della Ctr 4597 si basa solo sulla presenza di un rapporto di esclusiva, ma non considera se la società operante in territorio italiano sopporti o meno il rischio di mercato.

Peraltro, va rilevato che prin- cipi analoghi sono contenuti nell’azione 7 del progetto Beps dell’Ocse (Base erosion and profit shifting ).

L’Ocse propone infatti di modificare il concetto di «independen­t agent» contenuto nei trattati, prevedendo che un soggetto che agisce esclusivam­ente o quasi esclusivam­ente per un’impresa del gruppo non possa essere considerat­o indipenden­te (e quindi possa essere considerat­o come “stabile”).

Nel caso esaminato dai giudici, la presenza della stabile era stata avvalorata anche sulla base di dichiarazi­oni di clienti che avevano evidenziat­o il ruolo decisional­e significat­ivo di alcuni dipendenti della società italiana rispetto a vendite formalment­e riferibili alla società estera. Ma la stessa Ctr Lombardia, nella sentenza 4597, sottolinea la valenza probatoria limitata di tali dichiarazi­oni, insufficie­nti - da sole - a fondare la pretesa impositiva. Posizione in linea con quanto evidenziat­o dalla Corte costituzio­nale, secondo cui le dichiarazi­oni raccolte dal fisco nella fase di accertamen­to sono «elementi indiziari» non idonei «a costituire da soli il fondamento della decisione» (sentenza 18/2000).

Interessan­te risulta poi il chiariment­o sulla quantifica­zione del reddito della stabile da cui andava detratto, secondo la stessa pronuncia, il compenso riconosciu­to alla società italiana in forza del commission agreement.

La sentenza ritiene infine applicabil­e il raddoppio dei termini ai fini Ires, ma non anche ai fini Irap, non essendo ipotizzabi­le per tale imposta la possibilit­à di contestare uno dei reati di cui al Dlgs 74/2000 (in senso analogo Cassazione, 4775/2016).

IL REDDITO Nella quantifica­zione dei profitti bisogna comunque dedurre il compenso riconosciu­to alla società italiana

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