Giudici e Ocse divisi sulla «stabile»
Decisiva la nozione di indipendenza del soggetto italiano in caso di rapporti in esclusiva
PIL commissionario monomandatario non dà origine ad una stabile organizzazione. Al contrario, un soggetto che opera in esclusiva per conto della casa madre estera integra la presenza di una “stabile”. Con due sentenze la Ctr di Milano è tornata sul tema, raggiungendo conclusioni differenti.
Il primo caso ( Ctr Milano, 3394/15/2016) trae origine da una contestazione contro una società italiana che opera come commissionario di una consociata estera. Secondo l’ufficio il soggetto nazionale era dipendente dal punto di vista giuridico, economico e finanziario dalla propria holding e doveva quindi essere considerata una stabile organizzazione della stessa. I giudici di secondo grado, ribaltando la sentenza della Ctp, hanno però ritenuto inesistente la presenza di una “stabile”, sulla base dei seguenti principi: 1 il rapporto di controllo del soggetto estero deve essere considerato una circostanza “normale” nei gruppi multinazionali. Anche le attività di supervisione (ad esempio email con richieste di informazioni) rispondono all’esigenza di coordinamento del gruppo; 1 la partecipazione delle stesse persone ai consigli d’amministrazione della società italiana e della controllante estera è una prassi comune che consente una visione di gestione unitaria; 1 anche l’esistenza di una contratto monomandatario deve essere considerata normale. Altrimenti, si arriverebbe infatti alla negazione economica del gruppo; al massimo, tale aspetto rileverebbe ai fini di transfer pricing per la determinazione del compenso.
Nel secondo caso la Ctr Lom- bardia (sezione 33 del 12 settembre 2016 n. 4597), ha esaminato la contestazione di esistenza di stabile organizzazione in capo a una società italiana che agiva per conto di una società estera in forza di un commission agreement. La Ctr ha confermato l’operato dell’ufficio, quindi l’esistenza della permanent establishment, sulla base della mancanza, da un lato, dell’indipendenza giuridica (la società italiana operava all’interno di un gruppo) e, dall’altro, dell’indipendenza economica (il soggetto italiano agiva per un unico preponente).
Questa sentenza si discosta dall’orientamento maggioritario della stessa Ctr Milano, secondo la quale è «del tutto ovvio che la mandataria, in questo genere di rapporti (diffusissimi ovunque e da sempre) sarà vincolata all’esclusiva. Ci mancherebbe altro che i commerciali di … andassero in giro … con il catalogo della concorrenza!» (Ctr Lombardia, 137/ 34/2009). Dunque non vi è nulla «di patologico nella dinamica delle relazioni economiche» (Ctr Lombardia 139/ 26/2012).
In particolare, l’interpretazione del concetto di controllo economico della Ctr 4597 si basa solo sulla presenza di un rapporto di esclusiva, ma non considera se la società operante in territorio italiano sopporti o meno il rischio di mercato.
Peraltro, va rilevato che prin- cipi analoghi sono contenuti nell’azione 7 del progetto Beps dell’Ocse (Base erosion and profit shifting ).
L’Ocse propone infatti di modificare il concetto di «independent agent» contenuto nei trattati, prevedendo che un soggetto che agisce esclusivamente o quasi esclusivamente per un’impresa del gruppo non possa essere considerato indipendente (e quindi possa essere considerato come “stabile”).
Nel caso esaminato dai giudici, la presenza della stabile era stata avvalorata anche sulla base di dichiarazioni di clienti che avevano evidenziato il ruolo decisionale significativo di alcuni dipendenti della società italiana rispetto a vendite formalmente riferibili alla società estera. Ma la stessa Ctr Lombardia, nella sentenza 4597, sottolinea la valenza probatoria limitata di tali dichiarazioni, insufficienti - da sole - a fondare la pretesa impositiva. Posizione in linea con quanto evidenziato dalla Corte costituzionale, secondo cui le dichiarazioni raccolte dal fisco nella fase di accertamento sono «elementi indiziari» non idonei «a costituire da soli il fondamento della decisione» (sentenza 18/2000).
Interessante risulta poi il chiarimento sulla quantificazione del reddito della stabile da cui andava detratto, secondo la stessa pronuncia, il compenso riconosciuto alla società italiana in forza del commission agreement.
La sentenza ritiene infine applicabile il raddoppio dei termini ai fini Ires, ma non anche ai fini Irap, non essendo ipotizzabile per tale imposta la possibilità di contestare uno dei reati di cui al Dlgs 74/2000 (in senso analogo Cassazione, 4775/2016).
IL REDDITO Nella quantificazione dei profitti bisogna comunque dedurre il compenso riconosciuto alla società italiana