Stop al pignoramento solo sui beni del fallito
Il blocco dell’esecuzione non si estende agli strumenti dati in leasing
pIl fallimento blocca l’esecuzione individuale già iniziata solo se questa è promossa nei confronti della società fallita e se il bene oggetto dell’esecuzione è stato acquisito alla massa. L’improcedibilità non si estende quindi all’esecuzione avviata nei confronti di una società che usa, in virtù di un contratto di service, i beni concessi in leasing alla fallita. È questo uno dei principi affermati dal Tribunale di Monza nella sentenza del 30 maggio 2016 (giudice Nardecchia).
La pronuncia riguarda un’opposizione all’esecuzione presentata da un istituto di leasing contro l’agente della riscossione. La causa verte su alcuni beni concessi in leasing a una società (poi fallita) ma usati da un’altra società, debitrice del fisco. Questi beni sono stati sottoposti a pignoramento mobiliare ma, trattandosi di beni in leasing, la società concedente ha chiesto al giudice di accertare l’illegittimità del pignoramento. Con il fallimento della società concessionaria il giudizio è stato interrotto e poi riassunto di fronte al curatore. Il giudice delegato ha quindi autorizzato la restituzione dei beni alla società di leasing in base all’articolo 87-bis della legge fallimentare, che dispone la riconsegna dei beni mobili sui quali i terzi vantano diritti reali o personali chiaramente riconoscibili; e la società, una volta ricevuti i beni, ha chiesto al giudice di dichiarare la cessazione della materia del contendere. Ma l’agente della riscossione si è opposto.
Per decidere il giudice ha chiarito la relazione tra l’esecuzione e la dichiarazione di fallimento, ricordando che, in base all’articolo 51 della legge fallimentare, «dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva o cautelare, anche per crediti maturati durante il fallimento, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento». Se, prima del fallimento, un creditore ha iniziato l’espropriazione sugli immobili del fallito, solo il curatore può subentrare nell’esecuzione. Altrimenti, su istanza del curatore, il giudice deve dichiarare l’improcedibilità dell’esecuzione.
Il giudice rileva però che resta aperto «il problema della sorte dei provvedimenti cautelari già concessi alla data del fallimento e, di conseguenza, il problema della conservazione a favore della massa di situazioni di inopponibilità di alienazioni o garanzie» costituite dopo il sequestro. Così, per evitare incertezze sull’esito degli effetti favorevoli dell’esecuzione individuale in caso di improcedibilità, e viste anche le differenze tra le vendite fallimentari e in sede di esecuzione, «si ritiene opportuno - scrive il giudice - che il curatore venga autorizzato dal comitato dei creditori» a presentare la declaratoria di improcedibilità dell’esecuzione individuale.
Nel caso esaminato, non si può dichiarare l’improcedibilità dell’esecuzione individuale perché la procedura non è stata promossa contro la società fallita, anche se poi i beni sono entrati nella disponibilità del curatore e sono stati inventariati. Inoltre, il provvedimento del giudice di restituzione dei beni, in base all’articolo 87-bis della legge fallimentare, non ha efficacia esterna al fallimento. Non è quindi possibile dichiarare la cessazione della materia del contendere. Nel merito, il tribunale accoglie l’opposizione all’esecuzione e dichiara illegittimo il pignoramento.