Sugli oneri il nodo dello scomputo
Diversa la linea dei Tar, che permettono di dedurre il valore delle opere dalle urbanizzazioni sia pr imarie che secondar ie Alcuni Comuni bocciano lo scorporo «indistinto» dopo il parere della Corte dei conti lombarda
pSulla possibilità di scomputare gli oneri di urbanizzazione senza distinguere fra opere di urbanizzazione primaria e quelle di urbanizzazione secondaria l’orientamento favorevole della giurisprudenza è ormai consolidato. Ma un parere negativo della Corte dei conti della Lombardia ha riaperto la discussione e molte amministrazioni comunali hanno invertito la rotta precludendo agli operatori lo scomputo indistinto.
Le norme
In base al Dpr 380/2001 e, prima dell’entrata in vigore del Dpr, alla legge 10/1977, il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione del contributo di costruzione, ossia degli oneri di urbanizzazione e della quota afferente al costo di costruzione.
Gli oneri di urbanizzazione, a loro volta, sono composti da due voci: da un lato, la quota da versare per l’urbanizzazione primaria (strade, illuminazione pubblica, eccetera) e, dall’altro, la quota dovuta per l’urbanizzazione secondaria (asili, scuole, edifici comunali, eccetera).
Il titolare del permesso può, inoltre, realizzare direttamente opere di urbanizzazione “a scomputo” della quota di contributo afferente agli oneri di urbanizzazione.
La giurisprudenza
I giudici sono stati presto chiamati a decidere se lo scomputo dovesse essere effettuato distintamente, ossia raffrontando il valore delle opere di urbanizzazione primaria ai soli oneri di urbanizzazione primaria e così per l’urbanizzazione secondaria o se, per contro, lo scomputo potesse essere indistinto, essendo così consentito portare in detrazione il valore delle opere di urbanizzazione primaria dagli oneri di secondaria e viceversa.
Il 4 dicembre 1989, il Consiglio di Stato statuiva che «lo scomputo, totale o parziale, della quota di contributo dovuta in caso di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione debba essere effettuato senza alcuna distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria» (sentenza n. 806).
Da allora, il principio è stato più volte ripreso dai giudici amministrativi che hanno anche avuto modo di precisare come «una diversa i nterpretazione produrrebbe l’effetto, certamente contrario alla volontà del legislatore (che, nell’introdurre i contributi di urbanizzazione, ha inteso obbligare i concessionari edilizi a partecipare agli oneri relativi alle trasformazioni urbanistiche ed edilizie dei territori comunali ma non ha voluto provocare un ingiustificato arricchimento dei Comuni), di trasferire gratuitamente alle amministrazioni la quota di valore delle opere realizzate in una categoria senza tener conto degli oneri globali gravanti sul concessionario» (Consiglio di Stato 716/1990; Tar Toscana 679/2004).
La Corte dei conti
Il principio è stato messo in discussione da un parere consultivo della Corte dei conti-sezione di controllo per la Lombardia che, con riferimento a una modifica della legislazione regionale diretta a riconfermare l’orientamento giurisprudenziale consolidato, ha viceversa affermato che, in ragione del vincolo di correlazione fra la tipologia delle opere da realizzare e il calcolo degli oneri per cui accordare lo scomputo, non vi sarebbe alcuna motivazione che «possa consentire il riconoscimento di uno scomputo globale e indifferenziato degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, a fronte dell’esecuzione diretta di opere di urbanizzazione, indipendentemente dalla categoria di appartenenza» (Corte dei conti Lombardia 83/2015 del 23 febbraio 2015).
Gli enti locali
A seguito del parere, numerose amministrazioni comunali hanno invertito la rotta sino ad allora percorsa, precludendo agli operatori del settore lo scomputo indistinto del valore delle opere di urbanizzazione.
Anche a seguito del richiamato parere della Corte dei conti, il Consiglio di Stato ha ribadito però che «la legge non consente alcuna distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria, di guisa che il concessionario ha diritto a che le eccedenze delle opere realizzate per un tipo di urbanizzazione rispetto all’importo del contributo dovuto per quel tipo di opere siano portate in detrazione anche dall’ammontare del contributo dovuto per le opere dell’altro tipo» (Consiglio di Stato, sentenza n. 5800 del 21 dicembre 2015).
Le determinazioni di senso opposto che le amministrazione dovessero assumere potrebbero dunque essere illegittime, rappresentando peraltro, come evidenziato dal Consiglio di Stato, un ingiustificato arricchimento del Comune contrario alla volontà del legislatore.
Definizioni e tipologie di opere