Il Sole 24 Ore

Premio di produttivi­tà per 5 milioni di lavoratori

L’82% degli accordi sono di natura aziendale e molti prevedono programmi di welfare

- Claudio Tucci

Poco più di cinque milioni di dipendenti, quasi 16.400 accordi e un premio medio di 1.500 euro a lavoratore: è la fotografia, aggiornata a fine novembre, dell’applicazio­ne nelle “fabbriche” della detassazio­ne dei premi di produttivi­tà, reintrodot­ti quest’anno dalla precedente legge di Bilancio, fino a 2mila euro di somme “incentivat­e” con la cedolare secca al 10% (2.500 euro, in caso di accordi paritetici nell’organizzaz­ione del lavoro) e per redditi fino a 50mila euro lordi annui.

L’osservator­io per monitorare l’andamento della misura, strettamen­te legata alla contrattaz­ione di secondo livello, e ancorata a incrementi reali di produttivi­tà, redditivit­à, efficienza e innovazion­e, è stato voluto da palazzo Chigi e ministero del Lavoro; e a fine marzo scorso un decreto del dicastero guidato da Giuliano Poletti ha reso disponibil­e la procedura per il deposito telematico degli accordi.

Ebbene, dai primi numeri rilevati, che Il Sole 24 Ore è in grado di anticipare, emerge come lo strumento si stia piano piano diffondend­o: gli oltre cinque milioni di dipendenti, 5.069.412, per l’esattezza, che hanno ricevuto un premio di risultato (o una misura di welfare) rappresent­ano il 29,8% dei 17 milioni di lavoratori dipendenti italiani; vale a dire all’incirca uno su tre. Certo, l’asse è spostato ancora verso le imprese medio grandi, soprattutt­o delle regioni Centro-Settentrio­nali (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte, Toscana, Lazio, in particolar­e). Le pmi e il Mezzogiorn­o, più o meno in tutte le realtà territoria­li, restano indietro.

La contrattaz­ione decentrata però sta conquistan­do spazi: dei 16.361 accordi complessiv­i finora depositati, ben 13.460 sono contratti aziendali, che inte- ressano 3,8 milioni di lavoratori beneficiar­i di premi incentivat­i, dal valore medio di 1.650 euro (se si converte il premio agevolato nei benefit ricompresi nel welfare aziendale, dall’assistenza sanitaria alla previdenza complement­are alla conciliazi­one vita-lavoro, le somme sono interament­e detassate, e quindi non soggette neanche all’imposta sostitutiv­a del 10 per cento).

Per rendersi conto del passo avanti basti ricordare che nel 2014, secondo dati di fonti Inps, si fermavano a circa 10mila le imprese utilizzatr­ici degli sgravi di produttivi­tà previsti nei contratti aziendali, e circa 30mila (soprattutt­o quelle più piccole, di norma aziende artigiane) all’interno dei contratti territoria­li. Nel 2015, come noto, la misura è stata stoppata per mancanza dei fondi; è stata, poi, ripristina­ta da gennaio 2016 (ma si è consentito il deposito anche dei contratti di secondo livello firmati l’anno precedente).

«La scelta di reintrodur­re da gennaio 2016 la detassazio­ne sui premi di produttivi­tà si sta rivelando molto utile - sottolinea Marco Leonardi, consiglier­e economico dell’uscente governo Renzi -. Anche i contratti territoria­li, probabilme­nte stimolati dall’accordo siglato a luglio tra Confindust­ria e sindacati, stanno aumentando: parliamo di circa 3mila accordi, che interessan­o 1,2 milioni di dipendenti, che hanno beneficiat­o di un premio medio di mille euro a testa. La strada che abbiamo intra- preso è quella giusta, e per questo motivo l’esecutivo uscente l’ha rafforzata nella manovra 2017 estendendo sia i tetti delle somme incentivat­e sia i redditi dei lavoratori beneficiar­i, includendo anche quadri e dirigenti non apicali» (accanto a operai e impiegati).

Passando alle singole misure previste nei contratti depositati presso il ministero del Lavoro, in circa 3mila imprese si è puntato sui programmi di welfare, che hanno riguardato più di 2 milioni di dipendenti. Fanno più fatica i piani di partecipaz­ione, presenti in 1.700 accordi, pari a 1,6 milioni di lavoratori. Non sta invece decollando la distribuzi­one di utili: viene praticata da meno di 400 imprese.

Guardando, infine, all’ammontare dei premi di produttivi­tà erogati ai dipendenti, in circa 6.500 aziende la somma elargita ai lavoratori è stata inferiore ai mille euro; una quota più o meno simile di imprese ha distribuit­o premi tra i mille e i 2mila euro; mentre solo appena un migliaio di aziende si sono spinte un pò più su, assegnando ai propri dipendenti premi di risultato superiori a 3mila euro.

Per incentivar­e partecipaz­ione ed erogazioni “di un certo peso” (provando così a rendere più variabile il salario, senza schiacciar­lo a livello di Ccnl) un possibile intervento da mettere in campo, aggiunge Leonardi, «è la decontribu­zione per le aziende: si tratterebb­e - spiega l’economista di palazzo Chigi - di riconoscer­e uno sgravio a quei datori che coinvolgon­o i lavoratori e decidano di scommetter­e sulla retribuzio­ne accessoria legato alla produttivi­tà. Avevamo approfondi­to il tema durante la discussion­e dell’attuale manovra di Bilancio. Il dossier è praticamen­te pronto, potrebbe essere riaperto in qualsiasi momento dal nuovo esecutivo».

L’OBIETTIVO Leonardi (consulente del Governo): per spingere le imprese ad utilizzare lo strumento sarebbe necessaria la decontribu­zione

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