I verdiniani si sfilano ma la maggioranza non è a rischio
L’annuncio arriva poco prima della lettura della lista dei ministri da parte del neopremier Paolo Gentiloni. «Non voteremo la fiducia a un governo che ci pare al momento i ntenzionato a mantenere uno status quo, che più dignitosamente sarebbe stato comprensibile con un governo Renzi-bis»: questa la nota con cui Denis Verdini ed Enrico Zanetti anticipano che il gruppo Ala-Scelta civica non sarà parte della maggioranza del nuovo governo. Un «no» che al Senato si traduce in 18 voti in meno, tanti quanti sono appunto i componenti del gruppo di Verdini. Gentiloni però non corre rischi. Nonostante il venir meno dei verdiniani il governo grazie ai voti di Pd, Ncd, Autonomie e di alcuni esponenti del Misto e di Gal, può contare a Palazzo Madama su una forbice che va da un minimo di 160 a un massimo di oltre 170 e dunque l’apporto di Ala non è determinante. Anche perché la situazione politica, rispetto a quando a guidare l’esecutivo era Matteo Renzi, è profondamente cambiata. Tanto la minoranza dem che le altre anime inquiete della maggioranza, che in qualche occasione hanno fatto mancare il loro apporto, non hanno ora alcuna intenzione di mettere a repentaglio la vita di un esecutivo dopo il quale sarebbe inevitabile lo scioglimento delle Camere e il ritorno alle urne.
All’origine del dietrofront di Ala-Sc è stata la composizione della squadra di governo. In questi giorni e anche nelle ultime ore erano rimbalzate le voci di una promozione per la guida di un dicastero del viceministro uscente dell’Economia Zanetti ma anche il possibile ingresso del deputato Saverio Romano. Preso atto del niet arrivato dal Pd e dai centristi di Ncd, che hanno invece mantenuto i loro 3 dicasteri e la promozione di Alfano dal Viminale alla Farnesina. I numeri attuali dicono che a garantire la maggioranza ci saranno i 113 senatori del Pd, i 29 di Ncd, i 18 delle Autonomie con cui si arriva a 160. Mancherebbe almeno un voto per la maggioranza assoluta. E non mancherà certamente. In soccorso, come avveniva già con il governo Renzi, ci sarà una parte di Gal (dai 3 ai 5), i senatori a vita e forse anche i 3 tosiani di Fare. Ma soprattutto ci sarà da parte di molti, anche da chi ufficialmente sta fuori alla maggioranza, magari attraverso assenze strategiche al momento giusto, l’interesse a non far crollare l’ultimo filo che tiene ancora in vita questa legislatura.