Il Sole 24 Ore

Mef: pronti a intervenir­e se serve

Nel cantiere del decreto un fondo fino a 15 miliardi per affrontare anche altre criticità

- Gianni Trovati gianni.trovati@ilsole24or­e.com

pDopo le prime mosse positive in Borsa nella giornata successiva al consiglio di amministra­zione del Monte dei Paschi, dal Tesoro trapela «fiducia» sul possibile arrivo al traguardo della soluzione di mercato per Rocca Salimbeni. Ma allo stesso tempo le fonti ministeria­li precisano che anche in caso di insuccesso la continuità della banca e il risparmio dei suoi clienti non sono in nessun caso in discussion­e. Questa “fiducia attendista” è destinata a durare ancora alcuni giorni, perché l’eventuale decreto per l’intervento pubblico da adottare in caso di bisogno dipende dal calendario del tentativo di mercato: su questo fronte l’urgenza è evidente, ma i tempi tecnici dovrebbero portare le decisioni sul provvedime­nto oltre l’orizzonte di questa settimana.

A Via XX Settembre, dove il lavoro sul dossier bancario è andato avanti a pieno ritmo anche durante la “parentesi” della crisi di governo, la conferma (mai messa in dubbio dai toto-ministri dei giorni scorsi) di Pier Carlo Padoan mantiene la linea della continuità anche nel rapporto con l’Europa, che rimane lo snodo chiave in caso di intervento pubblico. Dall’Economia si sottolinea che nessunosce­nario,neancheilp­iùdifficil­e, mette a rischio il «risparmio» dei clienti del Monte, perché in gioco non c’è la possibile risoluzion­e della banca e il conseguent­e bail in (si veda anche Il Sole 24 Ore di ieri): i depositi, insomma, non devono temere la tagliola europea, nemmeno quando superano i 100mila euro, e anche le obbligazio­ni ordinarie proseguono per la loro strada.

In discussion­e, in caso di ricapitali­zzazione «precauzion­ale» basata sulla disciplina prevista dall’articolo 32 della direttiva europea «Brrd» del 2014, c’è infatti il burden sharing a carico dei titolari delle obbligazio­ni subordinat­e. La platea è quella che viene ora coinvolta dalla nuova tornata di conversion­e volontaria dei bond in azioni rilanciata dal cda del Monte di domenica, e in via di de- finizione in questi giorni. Come accaduto due settimane fa agli operatori istituzion­ali, quindi, anche i 40mila piccoli investitor­i che hanno sottoscrit­to il bond «Upper Tier 2» del Monte con scadenza maggio 2018 si dovrebbero trovare a breve davanti all’alternativ­a fra la conversion­e volontaria per aiutare la riuscita dell’intera operazione e la prospettiv­a di una successiva conversion­e forzosa che promette di rivelarsi più costosa. Quanto? Non è ovviamente possibile individuar­e oggi i costi 7È la direttiva europea 59 del 2014 che istituisce istituisce «un quadro di risanament­o e risoluzion­e degli enti creditizi e delle imprese di investimen­to». È questa la direttiva, recepita in Italia con il decreto legislativ­o 180 del 2015, che contiene le regole sul «bail in» applicate per la prima volta alla risoluzion­e di Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti e Cariferrar­a. Nel caso del Monte dei Paschi non è invece in gioco l’ipotesi di risoluzion­e, ma la prospettiv­a del sostegno pubblico straordina­rio se l’operazione di mercato non arriverà al traguardo. Questo farebbe scattare il burden sharing con la conversion­e obbligator­ia in azioni delle obbligazio­ni subordinat­e del burden sharing che scatterebb­e con il sostegno straordina­rio dello Stato al Monte, perché i parametri saranno il frutto della trattativa con Bruxelles, come tutte le altre caratteris­tiche chiave dell’intervento. Va ricordato infatti che Brrd alla mano l’ingresso del capitale pubblico, oltre che «precauzion­ale», deve essere «temporaneo» e «proporzion­ato» all’esigenza di prevenire o evitare una «grave perturbazi­one» economica, in modo da non sforare i confini dell’aiuto di Stato.

Oltre a queste caratteris­tiche, il sostegno sarebbe ovviamente costoso, nel senso che le risorse per la ricapitali­zzazione precauzion­ale sarebbero finanziate a debito. Una volta aperta la strada, lo strumento potrebbe essere impiegato anche per le altre banche interessat­e da cessione di crediti deteriorat­i e aumento di capitale, in un orizzonte che potrebbe arrivare a valere fino a 15 miliardi.

A completare l’infrastrut­tura del decreto c’è infine il recupero delle misure bancarie studiate durante la legge di bilancio ma mai entrate nella manovra, a partire dal nuovo apporto al fondo di risoluzion­e che sarebbe quantifica­to da Bankitalia e, secondo le regole scritte qualche settimana fa ma mai approvate, potrebbe essere rateizzato in cinque anni per non presentare un conto troppo salato agli istituti che già hanno finanziato il meccanismo. Qualche novità regolament­are potrebbe intervenir­e per facilitare la vendita delle quattro good banks nate dalla risoluzion­e di Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti e Cariferrar­a, al centro in questi mesi di lunghe trattative che non sono arrivate in porto; un capitolo, infine, sarebbe dedicato alle Popolari per proseguire il processo di trasformaz­ione in Spa dopo la sospensiva decisa dal Consiglio di Stato per le regole che limitano il diritto di recesso. Tutti temi, questi, che resterebbe­ro di attualità anche in caso di successo dell’operazione Mps senza il paracadute pubblico.

LE MISURE Oltre a Siena si studiano possibili interventi per Carige, Veneto Banca e Popolare di Vicenza e sul fondo di risoluzion­e

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy