Via al rilancio degli scali campani
Spirito punta su legalità e opere: entro due mesi il piano operativo
Con la nomina di Pietro Spirito a capo dell’Autorità di sistema portuale Tirreno Centrale, parte la riorganizzazione degli scali campani. E, da questa operazione, si attendono risposte a questioni rinviate e rimaste irrisolte per qualche decennio, in particolare nella gestione del porto di Napoli: grande progetto, piano urbanistico, delocalizzazione della darsena petroli, collegamento ferroviario. E infine, la colmata di Bagnoli, altra antica incompiuta.
Lo scalo partenopeo ha avuto a lungo una gestione commissariale passando sotto la guida di quattro commissari in cinque anni. Tutto ciò ha rallentato i programmi di riorganizzazione degli spazi, ampliamento e ammodernamento. Cosicchèlo scalo ha perso competitività e subìto lo slittamento (in sostanza una revoca) dei 108 milioni del grande progetto dalla precedente alla nuova programmazione europea (2014-2020). Il nuovo presidente, appena nominato dal mini- stro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Graziano Delrio, ha già chiaro il percorso da intraprendere, tanto che lascia intravedere un netto cambio di passo. «Stiamo avviando la elaborazione del Piano operativo - premette con deterinazione - in armonia con le linee guida per la portualità e la logistica varate a luglio 2015 dal governo. Entro due mesi lo presenteremo al comitato di gestione e al ministro». Si parte dalla integrazione sotto la guida della stessa Autorità degli scali di Napoli, Castellammare e Salerno.
Per quest’ultimo il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, ha concordato una moratoria, recependo le resistenze degli operatori salernitani, e attede determinazione del presidente del Consiglio in merito. Sul punto , dice Pietro Spirito, non è definito quanto durerà. Di certo, per il presidente dell’Authority «la programmazione parte tenendo conto che dovrà confluire anche Salerno». Napoli e Salerno non dovranno competere ma integrarsi per allargare il mercato. Castellammare sa- rà a servizio della cantieristica locale e sopratutto del rilancio di Fincantieri. Si opererà con grande trasparenza e rispetto della legalità. Per Pietro Spirito, che sa di indagini in corso con il coinvolgimento anche dell’anticorruzione e della Prefettura di Napoli, sono precondizioni necessarie. Si fa riferimento anche all’antica vertenza sulle concessioni delle aree portuali. «Tutti gli operatori dovranno pagare le quote pregresse - dice il professore di Economia a Torvergata - potremo definire modalità ragionevoli». E ancora, sul Piano urbanistico portuale fermo da anni davanti al Consiglio Superiore dei Lavori pubblici in attesa di via libera: «Sarà aggiornato».
Sul tema un anno fa è stato presentato uno studio di Unione industriali e Confcommercio che esplica le esigenze degli operatori. Questione controversa è quella che riguarda la prevista delocalizzazione del terminal petroli, quello a cui attraccano le navi che trasportano gas a Napoli, diventata un centro di smistamento tra i più importanti del Mediterraneo. «Delocalizzare? – si domanda Spirito – Si può, se c’è un’ alternativa. Al momento non ne vedo traccia». Traccia, appunto, è anche il nome della stazione e della linea delle Fs che, dal porto, si allaccia alla rete nazionale. «Oggi non partono treni – mette in chiaro smentendo chi parla di una linea attiva – ma è una infrastruttura strategica. L’ipotesi di interrare la strada ferroviaria mi sembra che debba essere presa in considerazione. A questo scopo abbiamo chiesto a Rfi una valutazione tecnico-economica». I due porti soffrono della carenza, per Salerno, e della distanza, per Napoli, di aree retroportuali, perciò va intensificato il collegamento con gli Interporti di Nola e di Marcianise. Le indicazioni strategiche non finiscono qui. Spirito fa riferimento alla possibilità allo studio di utilizzare nel porto di Napoli anche i residui e le sabbie inquinate di Bagnoli sia per il terminal di Levante sia eventualmente per una seconda colmata.