Una nuova cultura per spingere gli investimenti
Quanto è accaduto ieri a Torino – la firma del protocollo tra Confindustria e Borsa italiana per i lprogetto Elite – è un piccolo grande passo in avanti nel delicato universo dell’accesso al credito. Perché aiuta il nostro sistema delle imprese a compiere un salto di qualità, ponendo nuovamente la questione industriale come strategica per lo sviluppo dell’Italia e – al contempo – dando anche una salutare scossa al più tradizionale canale delle banche, peraltro da diverso tempo in preda a forti turbolenze. Si è parlato, in questi anni di crisi, a torto o ragione (e dipende naturalmente dai punti di vista) di credit crunch. Ora, la possibilità di accedere a nuove forme di patrimonializzazione (con operazioni di equity, emissioni di minibond, progetti di Ipo, M&A e joint venture) – facendo crescere le aziende più dinamiche nella innovazione di prodotto e di processo, nella internazionalizzazione e quindi nella competitività sui mercati – non può che fare del bene. Elite – piattaforma peraltro aperta anche a società che non fanno parte di Confindustria – affianca, fa studiare e accompagna nella sperimentazione gli imprenditori e il management.
Ieri, durante un seminario a porte chiuse organizzato prima della firma del protocollo, aleggiava il termine “disintermediazione”. Si arrabbieranno le banche per questo cambiamento di prospettiva? Tutto, ma non arrabbiarsi, potremmo rispondere: perché aziende con maggiori dimensioni, non indebitate, capaci di fare rete, bene internazionalizzate, diventano senz’altro più appetibili e corteggiabili anche da parte di un istituto di credito, che magari (e questo non guasta) è incentivato a trovare formule migliori con cui declinare la sempre difficile relazione tra banca e impresa. Torino, capitale manifatturiera (automotive, aerospazio, ma non solo), diventa così un luogo simbolico dove lanciare questo nuovo approccio. E non solo perché molte Pmi subalpine (una dozzina) si sono avventurate con successo in Elite. Ma anche perché vi sono segnali di una tendenza che va in questa direzione (si pensi, più in piccolo, alle iniziative sul territorio di realtà come buiness angels o Club degli investitori, legate a start up innovative degli incubatori, in particolare del Politecnico). Se attecchisse bene, com’è auspicabile, l’approccio culturale e di mentalità di Elite, potrebbe averne in qualche modo vantaggio pure quell’affaticato campo di battaglia (più sul fronte del debito che dell’equity, ovviamente) che sono i confidi (e che in terra piemontese, in questi mesi, hanno visto fallire amaramente un colosso – che si è poi scoperto dai piedi di argilla – come Eurofidi). Anche in questo caso, aziende meglio dimensionate e organizzate, sono più serenamente garantibili, senza che al primo sussurro di insolvenza le banche si scatenino per escutere.
Senza ombra di dubbio queste nuove opportunità di accesso al credito richiamano tutti i protagonisti – i decisori pubblici come i decisori privati – a un supplemento di responsabilità civica. Sapranno vincere al meglio questa sfida per il bene del Paese? se?