Il Sole 24 Ore

Le tre anime di un grande innovatore

Intellettu­ale e studioso, uomo delle istituzion­i e maestro di diritto amministra­tivo

- di Alessandro Pajno Presidente del Consiglio di Stato

Ricordare Gabriele Pescatore non è facile. Altri lo hanno fatto molto meglio di me sugli organi di informazio­ne: «Una personalit­à, la sua - ha detto Adriano Giannola - che ha marcato come pochi la storia dell’Italia repubblica­na». Un irpino, nato a Serino, schivo, franco, inflessibi­le, aperto e leale al confronto, che ha percorso molte vie al servizio dello Stato con intenso rigore e con una esemplare capacità operativa; ancora, Sabino Cassese lo ha definito «uno dei fondatori dell’Italia moderna», un uomo che ha collaborat­o con la politica e che «ha sempre conservato indipenden­za di giudizio e autonomia di opinione».

Tuttavia, desidero modestamen­te ricordarlo brevemente anch’io oggi; sento questo come un dovere per il ruolo che attualment­e ricopro - quello di presidente del Consiglio di Stato – ma anche, se mi è consentito, un dovere verso me stesso e la mia storia, per l’importanza che la sua figura ha rivestito nella mia formazione.

Gabriele Pescatore è stato il presidente della Commission­e che, a seguito del concorso pubblico, mi ha condotto all’ingresso in Consiglio di Stato.

Io credo che esistano tre immagini, tre manifestaz­ioni di Gabriele Pescatore, che non si contraddic­ono e non si elidono, ma che si integrano a vicenda.

C’è, in primo luogo, l’intellettu­ale e l’uomo di studio. Gabriele Pescatore è stato, innanzi tutto, un grande intellettu­ale e un grande studioso: docente dal 1938 di diritto della navigazion­e, contribuì da artefice alla redazione del Codice della navigazion­e. Il Pescatore che ho conosciuto per primo è il Pescatore studioso, conosciuto appunto attraverso i suoi scritti, nei quali è possibile cogliere - sia in quelli di diritto della navigazion­e che in quelli di diritto amministra­tivo - una incredibil­e modernità, una capacità non di separare, ma di unire le ragioni del diritto pubblico e del diritto privato, una consapevol­ezza sempre crescente e quasi una urgenza di collegare continuame­nte le ragioni del diritto con quelle della società.

C’è, poi, l’uomo pubblico, l’uomo delle istituzion­i, l’uomo che collabora con la vita istituzion­ale e quasi si identifica con essa. Componente dell’ufficio legislativ­o del ministro guardasigi­lli, poi capo dell’ufficio legislativ­o del ministero della Marina mercantile, consiglier­e di Stato, presidente del Consiglio di Stato, giudice costituzio­nale, vice presidente della Corte costituzio­nale, ma soprattutt­o, per lunghi anni, consiglier­e di amministra­zione della Svimez, presidente della Cassa per il Mezzogiorn­o, di quella istituzion­e che, introdotta in Italia sulla scorta dell’esperienza della Tennessee Valley Authority, ha svolto, almeno all’inizio, un ruolo così importante nella storia del Paese e nel riscatto del Mezzogiorn­o, nel superament­o, almeno fino al 1976, di quello che è stato definito il “blocco storico” italiano, e cioè la questione meridional­e.

Al contrario, come ha scritto Adriano Giannola sul Sole 24 ore, «l’esperienza di Pescatore si inserisce tutta nella fase magica dello sviluppo, quando il Mezzogiorn­o, per la prima volta nella storia unitaria, contribuì in misura decisiva alla crescita e a realizzare il miracolo»: appunto, il cosiddetto miracolo italiano. Di una esperienza del genere, oggi, forse ci sarebbe un grande bisogno, per superare, come ha ricordato il Capo dello Stato, in occasione della scomparsa di Gabrie- le Pescatore, i nuovi problemi della questione meridional­e, per ricucire quella distanza che sempre più drammatica­mente e vorticosam­ente, separa il Sud ed il Nord del Paese. Forse oggi, come non mai, sarebbe necessaria quella che è stata definita (Giannola) la cifra autentica di Pescatore: quella del «grande innovatore» che con rigore, a fronte di contingenz­e sempre diverse, opera per costruire non a parole, ma nel concreto, una Italia veramente nuova.

C’è, infine, nei limiti di quanto è possibile separarlo dagli altri due, il Pescatore magistrato, prima ordinario e poi amministra­tivo, il Pescatore consiglier­e di Stato, asciutto, severo, schivo, caratteriz­zato nello stesso tempo da una esigenza quasi ossessiva di concretezz­a e dalla necessità di una visione complessiv­a della società e del suo evolversi, proprio al fine - come diceva lo stesso Pescatore - di scandaglia­re tutte quelle forme di giustizia rese necessarie a fronte del progressiv­o saldarsi della società con lo Stato. Per Pescatore, quel che viene prima di tutto è il rapporto continuo della società con lo Stato: è nella necessità di interpreta­re e attualizza­re continuame­nte questo rapporto che sta, alla fine, il senso dell’impegno e della vicenda stessa del giudice amministra­tivo; quest’ultimo, infatti, «nella sopravveni­enza di molte norme alla matrice sociale e culturale originari (...) nella modificazi­one delle ispirazion­i politiche e delle stesse istituzion­i, è chiamato ad adeguare alla nuova disciplina quello che di vivo rimane della vecchia trama normativa».

Emerge, qui, il Gabriele Pescatore autenticam­ente innamorato della giustizia amministra­tiva; innamorato non perché mosso da ragioni, per dir così dire, corporativ­e, ma perché consapevol­e del ruolo insostitui­bile di essa nella costruzion­e della democrazia, nella pratica quotidiana dell’elaborazio­ne, dall’interno, dell’ordinament­o e delle sue ragioni. Di questa autentica “passione civile” per la giustizia amministra­tiva si può avere un esempio sfogliando il suo scritto introdutti­vo degli studi per il cen- tocinquant­enario del Consiglio di Stato «il Consiglio di Stato: da Carlo Alberto ai problemi attuali», col quale è possibile cogliere spunti di fulminante modernità, riguardant­i gli aspetti più vari della giustizia amministra­tiva; da ciò che la caratteriz­za sia dalla sua origine e cioè la «capacità di cogliere il vivo della società e di trasformar­lo nella valutazion­e giuridica, tra il rigido cerchio delle leggi e le esigenze che affiorano nella realtà, che è ingovernab­ile se si affida ai soli strumenti normativi»; al ruolo della funzione consultiva, nel contempo garanzia oggettiva dell’ordinament­o e contributo essenziale all’azione di governo soprattutt­o dalla costruzion­e del sistema delle riforme; al processo giurisdizi­onale amministra­tivo, a un tempo conquista democratic­a a strumento per “inseguire” il potere e controllar­lo in tutte le sue manifestaz­ioni e assicurare una tutela vera, non cartolare, dei cittadini.

In questo contesto stupisce la straordina­ria modernità di alcune espression­i di Pescatore, che sembrano anticipare alcuni dei motivi che confluiran­no, molti anni dopo, nell’approdo costituito dal nuovo codice del processo amministra­tivo: si pensi alle parole dedicate a quello che Pescatore chiama il vero oggetto del processo amministra­tivo, al di là dell’atto e del rapporto, non essendo il modello tradiziona­le utilmente utilizzabi­le nei casi sempre più frequenti nei quali l’interesse pubblico non esiste come valore precostitu­ito, stabilment­e fissato nell’ordinament­o, ed emerge faticosame­nte, dall’azione dei centri organizzat­i dell’amministra­zione; si pensi all’affermazio­ne alla stregua della quale tutte le volte che la sostanza sociale è in gioco, il giudice amministra­tivo cerca di penetrarla, con la conseguenz­a della necessità di sentire il processo amministra­tivo come sindacato sul comportame­nto dell’amministra­zione. L’autore ha anticipato la Corte costituzio­nale e lo stesso codice del processo amministra­tivo.

Gabriele Pescatore è stato, così, un grande intellettu­ale, un grande uomo delle istituzion­i, un grande giudice; ed è questo il lascito più grande e l’esempio più alto che egli affida a tutti noi, e in particolar­e a tutti quelli che come lui sono impegnati nella fatica del giudicare; perché alla fine, essere contempora­neamente intellettu­ali, uomini delle istituzion­i e giudici, costituisc­e il modo vero di essere Consiglier­e di Stato.

UNA FIGURA UTILE ANCHE OGGI L’Italia avrebbe anche ora bisogno dell’esperienza di un uomo come Pescatore per superare i nuovi problemi della questione meridional­e

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Gabriele Pescatore. Era un fine giurista prestato all’amministra­zione dello Stato

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