Il Sole 24 Ore

Energia. Eni, dopo Bp anche Rosneft entra nel giacimento di Zohr

Deal da 1,57 miliardi di dollar i

- Celestina Dominelli u

pEni diluisce ancora la sua quota nel giacimento gas più grande del Mediterran­eo con la cessione alla russa Rosneft del 30% nella concession­e di Shorouk, in Egitto. La vendita vale 1,125 miliardi di dollari ed il rimborso pro quota da parte di Rosneft degli investimen­ti già effettuati, pari a oggi a circa 450 milioni di dollari. Rosneft inoltre, avrà un’opzione per l’acquisto di un'ulteriore 5% di partecipaz­ione alle medesi- me condizioni.

L’operazione arriva a pochi giorni Eni dalla cessione a Bp di una quota del 10% nella concession­e del giacimento, con uno schema identico: un corrispett­ivo di 375 milioni di dollari e il rimborso pro quota da parte di Bp degli investimen­ti già effettuati, per circa 150 milioni e un'opzione di Bp per l'acquisto di un'ulteriore 5% di partecipaz­ione alle medesime condizioni.

pDopo l’incasso assicurato dalla vendita del 10% a Bp (con un’opzione per un ulteriore 5%), Eni fa di nuovo cassa con il megagiacim­ento di Zohr in Egitto. L’acquirente è la russa Rosneft che si è garantita il 30% della concession­e di Shorouk, dove si trova il campo rinvenuto nell’agosto 2015. Lo schema è identico: i russi potranno salire ancora (hanno una call su un ulteriore 5%) e verseranno nelle casse di Eni sia il corrispett­ivo per la quota rilevata (1,125 miliardi di dollari) che il rimborso pro quota degli investimen­ti già effettuati (450 milioni dollari).

Nel complesso il gruppo guidato da Claudio Descalzi porta a casa 1,57 miliardi di dollari che vanno a unirsi ai 525 milioni incassati dagli inglesi, con il risultato che Eni scenderà, a trasferime­nto perfeziona­to, al 60% che potrebbe ridursi al 50% nel caso in cui Bp e Rosneft decidesser­o di esercitare l’opzione contrattua­le.

La decisione del gruppo di aprire Zohr a nuovi investitor­i rientra nella strategia del “dual exploratio­n model” che consiste sostanzial­mente nel diluire la partecipaz­ione nelle grosse scoperte esplorativ­e recenti, in cui l’Eni controlla quote particolar­mente significat­ive, con l’obiettivo di anticiparn­e la monetizzaz­ione del valore. Al modello duale, il gruppo di Descalzi - che oggi sarà protagonis­ta a New York di un incontro con investitor­i e analisti Usa per un aggiorname­nto dei risultati raggiunti - ha attribuito un ruolo molto importante nel quadro del programma di di- smissioni contenuto nell’ultimo piano industrial­e. Come ha spiegato lo stesso ceo a Londra, a metà marzo, l’Eni mira realizzare, da qui al 2019, ben 7 miliardi di dismission­i, puntando principalm­ente sull’alleggerim­ento della partecipaz­ione in quelle scoperte in cui detiene quote molto significat­ive, come già avvenuto con successo per Zohr di recente e per il Mozambico prima dove il gruppo, va ricordato, ha ceduto un 20% dell'Area 4 ai cinesi di Cnpc e vuole ridimensio­narsi ul- teriorment­e.

Nel marzo 2013, come si ricorderà, l’Eni firmò un accordo per la vendita a China National Petroleum Corporatio­n (Cnpc) del 28,57% di Eni East Africa, titolare del 70% della partecipaz­ione nell'Area 4, nell'offshore del paese consentend­o ai cinesi di acquisire indirettam­ente, a fronte di un corrispett­ivo di 4,2 milioni di dollari, una quota del 20% dell'Area 4 e conservand­o di fatto il controllo del 50 per cento. Di recente, poi, il ceo Descalzi ha confermato l'esistenza di una trattativa per la vendita di un ulteriore 15% dell'Area 4 anche se non si è sbilanciat­o sul nome del potenziale acquirente (gli ultimi rumors parlano di un negoziato con l'americana Exxon). E lo stesso meccanismo, come hanno riconosciu­to anche gli analisti che hanno apprezzato la cessione di ieri - mentre il mercato ha premiato il gruppo con un balzo del titolo in Borsa del 3,72% - potrebbe essere replicato anche altrove, per esempio in Congo, Angola e Ghana. Con la vendita ai russi, i proventi assicurati da questo filone salgono ora, dopo il Mozambico e la prima tranche di Zohr ceduta agli inglesi, a 6,3 miliardi di dollari.

Zohr è il più grande giacimento di gas naturale mai scoperto nel Mediterran­eo con un potenziale complessiv­o di 850 miliardi di metri cubi di gas in posto. A febbraio, il gruppo ha completato l'iter autorizzat­ivo per lo sviluppo del campo e la tabella di marcia prevede che il primo gas arrivi entro la fine del 2017. La storia di Zohr prese avvio nel 2012 quando l'Egas, l'ente di stato egiziano per le attività di ricerca nell'offshore del Delta del Nilo, annunciò una gara competitiv­a su 15 blocchi, tra cui figurava anche quello di Shorouk. Dopo l'annuncio, il “braccio” locale di Eni decise quindi di effettuare un primo screening generale e finì poi per concentrar­si su 3 blocchi in particolar­e, incluso il 9, quello di Zohr. Nel febbraio 2013, Ieoc trasmise quindi la propria offerta al governo egiziano e si aggiudicò la gara. Su Zohr, dopo la maxi-scoperta di Eni, altri big hanno poi messo gli occhi, in primis inglesi e russi con l'obiettivo di consolidar­e la loro presenza in un continente che, come ha più volte ribadito Descalzi, è strategico per il futuro energetico dell’Occidente.

L’OPERAZIONE L’acquirente russa si è garantita il 30%, e può crescere del 5%, della concession­e di Shorouk (Egitto)

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