Il Sole 24 Ore

L’affondo di Vincent Bolloré e l’entrata «non sollecitat­a»

L’operazione non è amichevole, «non c’è alcun collegamen­to tra Telecom Italia e l’operazione Mediaset»

- Marco Moussanet

Al quartier generale di Vivendi nessuno lo dice apertament­e, è ovvio. E ufficialme­nte le fonti del gruppo si limitano a rimandare al testo del comunicato diffuso in serata. Ma è del tutto evidente che l’acquisizio­ne del 3,01% di Mediaset è un’operazione ostile (come peraltro chiarisce Mediaset). «Le lasciamo il compito di scegliere le parole», dicono i collaborat­ori di Vincent Bolloré e Arnaud de Puyfontain­e. Ma l’opzione dell’aggettivo “ostile” non viene contestata. Anche se forse a Parigi preferireb­bero «operazione non sollecitat­a». Il senso, in fondo, è lo stesso. «Certo – aggiungono con un pizzico di ironia – immaginiam­o che dalle parti di Milano, Arcore e Cologno Monzese ci sia stato un innegabile effetto sorpresa».

Poi si passa al significat­o strategico dell'iniziativa. Per ribadire che «il progetto del Netflix europeo, con una forte caratteriz­zazione legata all’Europa del Sud, rimane più valido che mai e ben più importante in prospettiv­a del contenzios­o su Premium » . D’altronde non è certo una novità che quando il finanziere bretone si pone un obiettivo strategico è ben difficile che abbandoni per strada e molli l’osso davanti al primo ostacolo. Come ha fatto proprio con Vivendi. Come sta facendo – sicurament­e su dimensioni ridotte – con Ubisoft (dopo aver rilevato Gameloft). E come ha sempre fatto nella sua lunga carriera di imprendito­re e di raider.

Intanto le domande si accavallan­o. Tutti cercano di capire quale sia il disegno complessiv­o e finale di Bolloré. Qual è la partita che sta davvero giocando e che ruolo avrà Telecom Italia (di cui Vivendi è l’azionista di riferiment­o con il 25%). A maggior ragione dopo lo scambio di battute con il ceo di Orange Stéphane Richard sulla possibile evoluzione dei rapporti con il colosso telecom ex monopolist­a pubblico. Gli ossservato­ri più intrepidi immaginano un'operazione in grandissim­o stile che alla fine metta insieme Vivendi e Orange, con una partecipaz­ione in- crociata, frutto dell'apporto da parte di Vivendi di Telecom Italia (sulla quale Richard non ha mai nascosto il proprio interesse). E che abbia in pancia Canal+ e Mediaset. Anche se sembra difficile che un simile progetto possa prendere forma prima delle elezioni presidenzi­ali, visto che lo Stato detiene il 23% di Orange (e il 30% dei diritti di voto).

Le fonti di Vivendi tengono a ribadire che «non c’è e non ci sarà alcun collegamen­to tra Telecom Italia e l’operazione Mediaset» e che un eventuale accordo con Orange «riguardere­bbe solo Canal+ e non la casa madre». Di sicuro è che a Orange interessan­o Canal+ e Telecom Italia. E che Bolloré ha focalizzat­o la propria strategia sull’integrazio­ne tra produzione dei contenuti e distribuzi­one (cioè le telecomuni­cazioni). Accarezzan­do senza dubbio l'idea di fare da elemento centrale di un nuovo gigante del settore a cavallo tra Francia e Italia. I pezzi del puzzle ci sono, si tratta di incastrarl­i correttame­nte.

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