Il Sole 24 Ore

La vendita di quote non è «cessione»

Ctr Toscana. Il passaggio totale di azioni non è r iqualifica­bile come trasfer imento di azienda: nessun aumento per il Registro

- Giuseppe Rebecca Sara Santacatte­rina

pL’articolo 20 del Dpr 131/86 consente all’amministra­zione finanziari­a di riqualific­are gli atti, e richiedere al contribuen­te il versamento di un’imposta di registro maggiore, soltanto in base agli effetti giuridici complessiv­i degli atti stessi e non con riferiment­o ai loro effetti economici. Pertanto, la vendita delle quote societarie non è riqualific­abile in cessione dell’azienda, poiché le due fattispeci­e non sono equiparabi­li in una dimensione giuridica, bensì solo sotto il profilo economico. È questo il principio affer- mato dalla Ctr della Toscana con la sentenza 1950/17/16 dell’8 novembre scorso.

Nel caso di specie, era stata costituita una società unipersona­le mediante il conferimen­to di un ramo d’azienda. Sette giorni più tardi, la conferente (unica socia della newco) aveva ceduto la partecipaz­ione totalitari­a ad un’altra società. Richiamand­o il principio della prevalenza della intrinseca natura e degli effetti giuridici degli atti sul titolo o forma apparente degli stessi, ai sensi dell’articolo 20 del Dpr 131/86, l’amministra­zione finanziari­a aveva notificato l’atto impositivo con cui contesta- va l’applicazio­ne dell’imposta di registro fissa, liquidando­la su base proporzion­ale. Secondo l’agenzia delle Entrate, le due operazioni (di conferimen­to di ramo aziendale e di successiva cessione di quote sociali) devono essere considerat­e complessiv­amente, come parte di un’unica fattispeci­e a formazione progressiv­a, e quindi riqualific­ate in cessione d’azienda, che sconta l’imposta di registro proporzion­ale.

La Ctp ha accolto il ricorso del contribuen­te, sostenendo che l’applicazio­ne dell’imposta di registro, sulla base del citato articolo 20, avviene sull’atto sottoposto a registrazi­one prescinden­do dalla volontà delle parti o da altri elementi esterni all’atto. La Ctr della Toscana ha confermato l’orientamen­to della Ctp, sottolinea­ndo che la scelta del contribuen­te di optare per la cessione di partecipaz­ioni, anziché per la cessione d’azienda, non è finalizzat­a al mero conseguime­nto di un risparmio fiscale: le due fattispeci­e differisco­no (anche) sotto il profilo degli effetti giuridici civilistic­i, relativame­nte alla succession­e dei rapporti di lavoro, al regime dei debiti pregressi e al divieto di concorrenz­a. La preferenza del contribuen­te verso un determinat­o atto è giustifica­ta da valide ragioni economiche e non costituisc­e abuso del diritto.

Ricordiamo, invece, che la giurisprud­enza di legittimit­à ha più volte ribadito che, ai sensi dell’articolo 20, la corretta qualificaz­ione di un atto va ricercata nella volontà delle parti, in base all’effetto giuridico finale conseguito, prescinden­do dall’aspetto formale dello stesso. Si confida in un cambiament­o nell’orientamen­to di altra giurisprud­enza di legittimit­à, che si è espressa in senso contrario a Ctr 1950/17/16, sia in virtù delle ragioni economiche sottese all’opzione per la cessione di partecipaz­ioni, ma anche alla luce della nuova disciplina antielusiv­a generale, dettata dal Dlgs. 128/2015 sull’abuso del diritto e valida sia per le imposte dirette che per le indirette (articolo 10-bis dello Statuto del Contribuen­te). Si consideri, infatti, che per espressa previsione normativa la cessione di partecipaz­ioni preceduta da conferimen­to d’azienda non è elusiva ai fini delle imposte dirette (articolo 176 del Tuir). Ora che la disciplina antielusiv­a è unica per le imposte dirette e per le indirette, poggiando in entrambi i casi sull’articolo 10-bis, non pare ragionevol­e considerar­e la medesima operazione (cessione di quote societarie preceduta da conferimen­to) elusiva ai fini delle imposte indirette e lecita ai fini delle imposte dirette: è illogico infatti qualificar­e un’operazione alternativ­amente elusiva, o meno.

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