Sulle regole dei trasfertisti pesa il «nodo» del Comune
Dl fiscale. Per la Fondazione studi dei consulenti del lavoro
In alcuni casi le aziende pagheranno maggiori oneri previdenziali e assicurativi, in altri casi, invece, si apre la strada del rimborso con qualche dubbio gestionale che andrebbe rimosso (e comunque nei limiti della prescrizione quinquennale).
È questa, in sintesi, l’analisi della Fondazione studi dei consulenti del lavoro rispetto all’applicazione della norma di interpretazione autentica (articolo 7 quinques del Dl 193/2016) che ha definito, con effetto retroattivo, il perimetro giuridico per applicare le regole del trasfertismo.
Sul punto, in questi anni, si è sviluppato un importante contenzioso che fino a oggi ha visto un indirizzo sostanzialmente uniforme da parte della Cassazione, secondo cui per configurare un lavoratore “trasfertista” è necessario che sul piano sostanziale (e non formale) egli svolga la prestazione normalmente in luoghi variabili indipendentemente da quanto indicato nel contratto individuale circa la sede di lavoro (sentenze 4837/2013, 22796/2013, 27303/2014, 5289/2014, 17982/2015, 3066/2016).
La sede di lavoro, secondo la Corte, può essere ricavata come conseguenza dell’esercizio del potere direttivo da parte del datore. La Corte ritiene altresì non determinante ai fini della definizione di trasfertista anche la modalità con cui è corrisposta la maggiorazione (ossia, in misura fissa o variabile).
In questo contesto si inserisce la norma di interpretazione autentica in base alla quale ci sono tre i requisiti da rispettare per rientrare nel perimetro di “trasfertista”: 1 nel contratto non deve essere indicata la sede di lavoro; 1 l’attività lavorativa deve caratterizzarsi per essere svolta in luoghi sempre variabili; 1 la maggiorazione riconosciuta deve essere in misura fissa, ossia attribuita senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta o dove la stessa si è svolta.
Rispetto a questi tre requisiti la Fondazione studi precisa che le novità sono sostanzial- mente due: la prima riguarda la modalità di riconoscimento della maggiorazione, in quanto la norma di interpretazione autentica riduce il campo di applicazione passando da una modalità libera (ossia, fissa o variabile), a una modalità più rigida (solo fissa senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta).
La seconda novità sta nel fatto che la norma di interpretazione autentica impone, diversamente dal passato, che i tre requisiti siano coesistenti.
Più complesso è il passaggio normativo in cui si afferma che in mancanza anche di uno solo dei tre requisiti «è riconosciuto il trattamento» del comma 5, articolo 51 del Dpr 917/1986 (ossia quello previsto per la trasferta).
Secondo la Fondazione studi, il datore di lavoro deve applicare anche l e condizioni stabilite dal comma 5 affinché si possa godere del regime agevolato fiscale e contributivo.
Pertanto, anche in caso di svolgimento della prestazione in luoghi sempre variabili, per poter beneficiare delle fasce di esenzione è necessario, in ogni caso, che la prestazione sia svolta almeno fuori dal territorio comunale. Questo vuol dire che, qualora non sia sussistente uno dei tre requisiti, ci possono essere casi i n cui l’azienda dovrà versare oneri previdenziali e assicurativi aggiuntivi come ad esempio, nel caso in cui l’azienda impieghi il lavoratore in luoghi sempre variabili ma all’interno di un solo comune: in passato il lavoratore poteva essere qualificato “trasfertista” e beneficiare delle fasce di esenzione nella misura del 50%, mentre oggi non può ritenersi né in trasferta, né un trasfertista.
Per le aziende che non possono rispettare uno dei nuovi requisiti e operano anche fuori dal comune si prospettano alcune criticità per l’applicazione del regime della trasferta che andranno rimosse dagli enti interessati: ad esempio, rispetto a quale sede va verificata la trasferta se non è individuabile alcuna sede di lavoro, oppure come determinare la quota di maggiorazione giornaliera (e la conseguente fascia di esenzione) qualora la maggiorazione sia stata corrisposta in misura fissa indipendentemente dalle giornate di trasferta.