Il Sole 24 Ore

Case di alloggio vuol dire «di vacanza»

- Federico Ciaccafava

pN ella dizione “case di alloggio”, contenuta in un regolament­o di condominio contrattua­le, deve ricomprend­ersi l’attività di “casa vacanze”, atteso che il termine alloggio è riferibile a una forma di sistemazio­ne, albergo, rifugio, comun

che non necessaria­mente presuppong­ono uno stato di salute dell’occupante tale da dover essere accolto in un sanatorio. Ne consegue che, in caso di trascrizio­ne del regolament­o nei pubblici registri i mmobiliari, questo divieto è opponibile nei confronti dei condòmini e dei successivi acquirenti.

Questi i princìpi espressi da una recente decisione del foro di Roma (sentenza 18629/2016 del Tribunale di Roma). Nel caso esaminato il condominio aveva agito nei confronti di tre condòmini, ritenuti responsabi­li di aver dato, ai rispettivi appartamen­ti, una destinazio­ne in palese contrasto con una norma del regolament­o contrattua­le trascritto, la quale, per gli appartamen­ti ed i locali sovrastant­i al piano scantinato, ne proibiva l’impiego, tra l’altro, come «(...) sanatorio (...), case di alloggio, e di comunque adibirli ad uso contrario alla tranquilli­tà, al- l’igiene, alla decenza, al decoro e buon nome dell’edificio».

Il giudice ha ingiunto ai condòmini trasgresso­ri la cessazione dell’attività ricettiva di casa vacanze nelle rispettive unità abitative, condannand­oli in solido anche al pagamento delle spese processual­i. Il tenore del precetto, precisa il giudice, è sufficient­emente chiaro nel non consentire, negli ambiti immobiliar­i in proprietà esclusiva, l’esercizio di quelle attività nominativa­mente indicate come quella di case di alloggio.

Circa poi il significat­o di casa vacanze rispetto al termine usato dal regolament­o condominia- le di “case di alloggio”, si osserva, nella dizione case d’alloggio è senza dubbio da ricomprend­ere l’attività di “casa vacanze”, dal momento che il termine alloggio è riferito a una occupazion­e dell’alloggio comunque temporanea, tale da escludere uno stato di salute meritevole di un ricovero in sanatorio.

In ogni caso, ha detto il Tribunale, le clausole limitative delle modalità d’esercizio e del diritto di godimento sulle parti comuni o di proprietà esclusiva possono essere validament­e dettate dal solo testo regolament­are “contrattua­le”.

Come anticipato sul Sole 24 Ore del 24 novembre scorso, Confediliz­ia si era mostrata ottimista sulla possibilit­à di una riapertura dei termini per i numerosi condomìni che non ce l’hanno fatta a fare i lavori prima dell’accensione del riscaldame­nto (che, in quasi tutta Italia, è stata il 15 ottobre scorso). Proprio le difficoltà causate dai ritardi normativi (il decreto legislativ­o 141/2016 è uscito in Gazzetta a fine luglio) hanno reso impossibil­e o molto difficile l’installazi­one di contabiliz­zatori, ripartitor­i e termovalvo­le. Così, anche se in parecchi casi sono state convocate le assemblee e deliberate le relative spese, è risultato estremamen­te complicato affidare i lavori a un’impresa: il tempo era troppo poco e le imprese si sono trovate sovraccari­che di lavoro.

Il nodo è rappresent­ato dalle sanzioni per il mancato adepimento: da 500 a 2.500 euro a cariroco di ogni condòmino. Ed è proprio su questo che potrebbe giocarsi la partita delle dilazioni. Che troverebbe­ro posto nel solito Dl «milleproro­ghe». Le soluzioni che si stanno facendo strada, adottabili senza urtare troppo la sensibilit­à dei funzionari di Bruxelles (l’obbligo di contabiliz­zatori è infat-

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