Case di alloggio vuol dire «di vacanza»
pN ella dizione “case di alloggio”, contenuta in un regolamento di condominio contrattuale, deve ricomprendersi l’attività di “casa vacanze”, atteso che il termine alloggio è riferibile a una forma di sistemazione, albergo, rifugio, comun
che non necessariamente presuppongono uno stato di salute dell’occupante tale da dover essere accolto in un sanatorio. Ne consegue che, in caso di trascrizione del regolamento nei pubblici registri i mmobiliari, questo divieto è opponibile nei confronti dei condòmini e dei successivi acquirenti.
Questi i princìpi espressi da una recente decisione del foro di Roma (sentenza 18629/2016 del Tribunale di Roma). Nel caso esaminato il condominio aveva agito nei confronti di tre condòmini, ritenuti responsabili di aver dato, ai rispettivi appartamenti, una destinazione in palese contrasto con una norma del regolamento contrattuale trascritto, la quale, per gli appartamenti ed i locali sovrastanti al piano scantinato, ne proibiva l’impiego, tra l’altro, come «(...) sanatorio (...), case di alloggio, e di comunque adibirli ad uso contrario alla tranquillità, al- l’igiene, alla decenza, al decoro e buon nome dell’edificio».
Il giudice ha ingiunto ai condòmini trasgressori la cessazione dell’attività ricettiva di casa vacanze nelle rispettive unità abitative, condannandoli in solido anche al pagamento delle spese processuali. Il tenore del precetto, precisa il giudice, è sufficientemente chiaro nel non consentire, negli ambiti immobiliari in proprietà esclusiva, l’esercizio di quelle attività nominativamente indicate come quella di case di alloggio.
Circa poi il significato di casa vacanze rispetto al termine usato dal regolamento condominia- le di “case di alloggio”, si osserva, nella dizione case d’alloggio è senza dubbio da ricomprendere l’attività di “casa vacanze”, dal momento che il termine alloggio è riferito a una occupazione dell’alloggio comunque temporanea, tale da escludere uno stato di salute meritevole di un ricovero in sanatorio.
In ogni caso, ha detto il Tribunale, le clausole limitative delle modalità d’esercizio e del diritto di godimento sulle parti comuni o di proprietà esclusiva possono essere validamente dettate dal solo testo regolamentare “contrattuale”.
Come anticipato sul Sole 24 Ore del 24 novembre scorso, Confedilizia si era mostrata ottimista sulla possibilità di una riapertura dei termini per i numerosi condomìni che non ce l’hanno fatta a fare i lavori prima dell’accensione del riscaldamento (che, in quasi tutta Italia, è stata il 15 ottobre scorso). Proprio le difficoltà causate dai ritardi normativi (il decreto legislativo 141/2016 è uscito in Gazzetta a fine luglio) hanno reso impossibile o molto difficile l’installazione di contabilizzatori, ripartitori e termovalvole. Così, anche se in parecchi casi sono state convocate le assemblee e deliberate le relative spese, è risultato estremamente complicato affidare i lavori a un’impresa: il tempo era troppo poco e le imprese si sono trovate sovraccariche di lavoro.
Il nodo è rappresentato dalle sanzioni per il mancato adepimento: da 500 a 2.500 euro a cariroco di ogni condòmino. Ed è proprio su questo che potrebbe giocarsi la partita delle dilazioni. Che troverebbero posto nel solito Dl «milleproroghe». Le soluzioni che si stanno facendo strada, adottabili senza urtare troppo la sensibilità dei funzionari di Bruxelles (l’obbligo di contabilizzatori è infat-