Indagini finanziarie, manca un intervento sul contraddittorio
L’intervento introdotto nella conversione del Dl 193/2016 sull’articolo 32 del Dpr 600/1973 in tema di indagini finanziarie appare criticabile sul piano del metodo (l’impiego della conversione di un decreto legge contenuto assolutamente eterogeneo) e, per certi aspetti, anche nel merito (è un intervento troppo timido). Non di meno, è un intervento che appare ispirato da una certa dose di buon senso. Le novità sono due. La prima, ossia la soppressione delle parole «o compensi», costituisce, in realtà, un intervento di maquillage, volto a rendere il testo dell’articolo 32 conforme alla sentenza 228/2014 della Corte costituzionale. Anche l’altra modifica è riferita solo ai prelevamenti. Si prevede che questi possono essere usati per ricostruire ricavi non dichiarati solo per importi superiori a 1.000 euro giornalieri e 5mila mensili. Quello sull’articolo 32 rimane un intervento troppo timido. Una lettura compiuta della sentenza della Corte costituzionale avrebbe indotto a ritenere irragionevole l’accertamento fondato sui prelevamenti pure nei confronti delle imprese di servizi, posto che anche qui appare irragionevole ritenere che i prelievi non giustificati possano essere stati impiegati per acquisti in nero produttivi di ricavi non dichiarati.