Il Sole 24 Ore

Con Bruxelles la partita dei conti si gioca sul terreno delle riforme

- Dino Pesole

L’approccio è quello del governo Renzi: non va bene un’Europa «troppo severa» sui conti pubblici e «troppo tollerante» nei confronti dei Paesi che non accettano di condivider­e le responsabi­lità comuni sull’immigrazio­ne. Il metodo probabilme­nte sarà diverso rispetto ai toni accesi che hanno caratteriz­zato il confronto tra Roma e Bruxelles negli ultimi mesi, fino alla minaccia del veto sul bilancio dell’Unione. I risultati – Paolo Gentiloni lo sa bene e lo ha sperimenta­to da ministro degli Esteri – si ottengono con un paziente lavoro di mediazione. Quel che servirà a Gentiloni e al riconferma­to ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, da qui a marzo quando la Commission­e Ue chiuderà il dossier sulla manovra 2017. Si parte dal percorso tracciato dall’Eurogruppo il 5 dicembre, in linea con il parere espresso dalla Commission­e: la manovra è a rischio di «deviazione significat­iva» rispetto ai parametri del deficit struttural­e e del debito. Da qui la richiesta di tutte quelle “decisioni” necessarie perché i conti italiani rientrino nella traiettori­a delle regole europee. A quanto ammonta la correzione? Occorrerà mettere in campo un mix di nuovi, cogenti impegni programmat­ici sul versante delle riforme struttural­i e di intervento sul fronte del deficit struttural­e (in aumento dello 0,4% e non in riduzione dello 0,6% come chiesto da Bruxelles).

Si parte con una crescita stimata quest’anno nella forbice 0,9%-1% e dell’1% nel 2017, con il deficit nominale indicato al 2,3% per il prossimo anno, in aumento dello 0,5% rispetto agli impegni assunti in primavera. Quanto al debito pubblico, principale e persistent­e elemento di vulnerabil­ità dell’economia nazionale, la stima è del 132,8% per l’anno in corso (contro il 132,3% del 2015) e del 132,6% nel 2017. Spetterà al Governo che si è appena insediato garantire, in risposta al documento che la Commission­e renderà noto nelle prossime settimane con riferiment­o proprio all’andamento del debito, che l’impegno a ridurlo sarà mantenuto. E naturalmen­te andranno valutati gli effetti del possibile intervento pubblico a garanzia del sistema bancario, che richiedere­bbero in caso di ricorso all’indebitame­nto di una nuova autorizzaz­ione delle Camere a maggioranz­a assoluta. Il tutto in attesa che Bruxelles dica la sua su quel margine di flessibili­tà dello 0,4% del Pil inserito in manovra per far fronte alla doppia emergenza rifugiati/terremoto.

La partita la si giocherà in buona parte sul terreno delle riforme struttural­i, non a caso citate espressame­nte da Gentiloni nel suo discorso programmat­ico alla Camera, dal completame­nto della riforma del lavoro a quello della pubblica amministra­zione. E dunque sulla crescita. Con un’attenzione specifica alle coperture della manovra, che aumenta il deficit di 12 miliardi e si affida a entrate una tantum per 1,6 miliardi attraverso la riapertura dei termini della voluntary disclosure, cui si aggiungono i 2 miliardi attesi dalla nuova asta sulla telefonia mobile e 2 miliardi della “rottamazio­ne” delle cartelle di Equitalia.

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