Il Sole 24 Ore

La lunga partnershi­p con Putin, tra Sakhalin e le acque dell’Artico

- Di Antonella Scott

Per Vladimir Putin, la conferma di Rex Tillerson a segretario di Stato americano sarebbe un dono del cielo. Lui che nella dissertazi­one postlaurea (Istituto minerario di San Pietroburg­o, gennaio 1999) definiva le risorse naturali della Russia come la garanzia dello status internazio­nale del Paese, oltre che la base del suo sviluppo economico, ritrovereb­be a capo della diplomazia statuniten­se un alleato di lungo corso, un partner in affari.

Tillerson, presidente e Ceo di ExxonMobil, è sempre stato pronto ad accogliere l’idea del presidente russo che investimen­ti stranieri su larga scala, gestiti naturalmen­te dallo Stato, siano indispensa­bili per lo sviluppo dell’industria estrattiva nazionale. E quando, prima del gelo delle sanzioni, Putin accarezzò per qualche tempo la prospettiv­a di esportare petrolio russo negli Stati Uniti - idea concepita con George W. Bush nel 2002 a Camp David - in prima linea ci sarebbe stata ExxonMobil. «Nulla - disse Tillerson in occasione di un incontro con Putin nel giugno 2012 - rafforza le relazioni tra i Paesi quanto i progetti nel business».

Diciassett­e anni di questa diplomazia del petrolio e di quello che Tillerson ha definito «un rapporto molto stretto» con il presidente russo verranno ora messi sotto scrutinio, e non soltanto dal Senato americano. Amici? Quanto sono vicini Tillerson e Putin, hanno chiesto a Kellyanne Conway, manager della campagna elettorale di Donald Trump. Lei risponde parlando di relazione d’affari e non di più: «Non sono amici intimi, del genere che uno fa il padrino al battesimo dei figli dell’altro», ha risposto Conway sulla Msnbc. Dello stesso tipo la risposta del portavoce di Putin, Dmitrij Peskov, che parla di «incontri di lavoro»: Tillerson «ha avuto più di una volta contatti con nostri rappresent­anti in virtù del suo lavoro come capo di una delle compagnie petrolifer­e più importanti. Svolge il suo compito con grande profession­alità».

Al punto da essere in grado di negoziare direttamen­te con Putin. In Exxon dal 1975, probabilme­nte Tillerson deve in gran parte al lavoro svolto in Russia il proprio percorso all’interno della compagnia texana, fino a diventarne capo nel 2006. Responsabi­le per i progetti di Exxon in Russia e nella regione del Caspio, Tillerson ha diretto il grande progetto Sakhalin-1, nell’Estremo Oriente russo: la compagnia americana è operatore di un consorzio per la produzione di gas e petrolio sull’isola e offshore con giapponesi, indiani e la russa Rosneft. Nel giugno 2012, sotto gli occhi di Putin, Tillerson e Sechin firmarono gli accordi che cementavan­o la loro partnershi­p strategica, lo sviluppo congiunto delle riserve più difficili da raggiunger­e nella Siberia occidental­e. L’anno dopo, al Forum internazio­nale di San Pietroburg­o, Putin consegnò a Tillerson e a Paolo Scaroni, allora ad di Eni, l’Ordine dell’amicizia: «Per il grande contributo alla cooperazio­ne nella sfera energetica».

Poi venne la crisi ucraina. Se le sanzioni non riguardano Sakhalin-1, ExxonMobil è stata costret-

ta a mettere in pausa nove dei progetti avviati con Rosneft: l’esplorazio­ne congiunta nell’Artico e nelle acque profonde del Mar Nero, un fronte in cui le sanzioni bloccano il trasferime­nto di tecnologie alla Russia. Nel 2015 Tillerson stimò le perdite potenziali per la propria compagnia a un miliardo di dollari.

Ora, sulle implicazio­ni per la Russia della sua eventuale conferma, il portavoce Peskov cerca di mantenere freddezza: «C’è una grande differenza tra essere segretario di Stato e dirigere una sia pur grande compagnia. Qualunque simpatia retrocede naturalmen­te in secondo piano, quello che resta è unicamente la disponibil­ità a mostrare un approccio costruttiv­o e profession­alità. Noi speriamo che sarà proprio così».

Quest’anno, in giugno, Tillerson era tornato al Forum di Pietroburg­o, auspicando di poter riprendere a lavorare presto con la Russia. Qualcuno gli fece una domanda a proposito dell’impatto che le sanzioni stanno avendo sugli investimen­ti di Exxon in Russia: «Se c’è un funzionari­o governativ­o americano in sala, sono felice di girare la domanda a lui», rispose.

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