Eni, produzione di petrolio a livelli da primato
L’ad Descalzi: ben posizionati per il futuro, breakeven quasi dimezzato in tre anni
Dall’ultima volta che lo abbiamo visto a New York per una cerimonia a Wall Street al Nyse, la visione per il futuro del settore energetico di Claudio Descalzi, ad dell’Eni, è decisamente più ottimista: si ritorna a parametri di mercato più comprensibili, ci si allontana dalla dipendenza reciproca borsa/prezzo del greggio e ci si affida a fondamentali che appaiono più rassicuranti. Allora, lo scorso giugno, quando si celebrarono i vent’anni della quotazione del titolo Eni al Nyse, i «fondamentali» apparivano generalmente «in salita». In pochi mesi, quel mondo incerto è cambiato. Allora avevamo un settore energetico a imbuto, incapace di scrollarsi di dosso rigidità che tenevano il prezzo del greggio ancora ben al di sotto dei costi combinati esplorazione, estrazione, produzione, commercializzazione. Avevamo l’Opec in guerra e incertezze economiche oltreche politiche di variogenere. Oggi e non solo per la vittoria di Donald Trump alle elezioni, cosa che ha fatto chiarezza, ci troviamo con un mondo cambiato. «Oggi direi che siamo posizionati molto bene per cogliere gli upside del mercato», dice Descalzi in una chiaccherata con il Sole 24 Ore al St Regis a New York, dove ha incontrato una trentina di analisti che rappresentano il 2,5% del capitale del gruppo ( gli americani rappresentano il 30% degli investitori istituzionali globali). Queste considerazioni di fondo trovano uncontrappuntonellenotiziecheci ha anticipato Descalzi ieri: nel 2017 l’Eni raggiungerà la produzione di 1,840 milioni di barili la giorno, il massimo storico per il gruppo petrolifero. «Questoè il risultato - spiega Descalzi - della trasformazione del gruppo avviata a partire dal 2014, cosa che ci consente oggi un aumento complessivo dell’output del 15%, pari a 250mila barili al giorno». Il “timing” appare perfetto in quanto il prezzo del greggio e' ormai salito a quota 50 dollari al barile, livello spiega Descalzi, che ci consente di arrivare a una posizione di “cash neutrality” prima della distribuzione di dividendi quando il livello di “cash neutrality” nel 2013 era a quota 127 dollari al barile. A questo si aggiunga che il breakeven point è passato dai 45 dollari al barile di tre annifaai27dollarialbariledioggi.Al taglio dei costi e agli aumenti di produttività, si è aggiunta la chiusura di un lungo capitolo oscuro per l’Opec che non riusciva a trovare l’accordo per contenere la produzione e spingere il prezzo al rialzo. Ora l’accordo è stato non solo raggiunto, ma si è riusciti a estenderlo alla Russia, esterna all’Opec. Guardando agli sviluppi, i progetti avviati da Eni nel biennio 2016-2017, inclusi Kashagan e Goliat, produrranno a regime oltre 500mila barili al giorno e genereranno un cash flow operativo complessivo di oltre 4 miliardi di euro nel 2018 in uno scenario di prezzi del petrolio che potrebbe arrivare stabilmente attorno ai 60$ al barile.
Descalzi ha anche chiarito che immaginare dietrologie geopolitiche sul deal con la russa Rosnef, che ha acquistato il 30% dei giacimenti di gas scoperti dall’Eni lo scorso anno è sbagliato. Qualcuno sosteneva che Mosca certamente non aveva bisogno della produzione aggiuntiva di gas, che cercava un’espansione in Medio Oriente anche in Egitto dopo il rafforzamento in Siria, che si potevano immaginare anche conseguenze sulla Libia, e che l’in- tera vicenda aveva anche un risvolto per agire in sintonia con la nuova linea trumpiana di apertura a Mosca e in coordinamento con il governo italiano: «Intanto io rispondo al mio consiglio e agli azionisti, c’era un ottimo prezzo e abbiamo incassato. In quanto a Trump, dico solo che questi accordi prendono molto tempo e quando abbiamo iniziato a fare i preliminari tecnici e commerciali Trump non era neppure favorito per vincere la nominat repubblicana...». Perchè la russa Rosnef prende dunque questa decisione? La spiegazione ce la dà un’analista: «per avere un maggior controllo sui prezzi del gas, sul piano strategico la ragione è soprattutto economica non politica». E Rex Tillerson, il suo omologo alla Exxxon scelto come segretario di Stato? «Scelta positiva - dice Descalzi - e non perchè lo conosco bene, ma perchè è lui che conosce tutti, è molto rispettato, è capace come ogni negoziatore di trovare compromessi e così come ha creato enorme valore nella sua carriera, potrà trovare soluzioni per conto dell’amministrazione Trump».