IL TENTATIVO IN EXTREMIS
Adue settimane dalla scadenza del 31 dicembre imposta dalla Bce - subito prima che scatti la procedura di risoluzione e il bail in, e in attesa del decreto d’emergenza del Governo per il piano di intervento pubblico che salvi la banca ed eviti l’effetto contagio sul resto del sistema bancario - parte in extremis il tentativo privato di ricapitalizzazione del Monte Paschi di Siena.
Paradossalmente, proprio l’irrimediabilità delle soluzioni alternative che si profilebbero per i risparmiatori (azionisti e possessori di bond subordinati) nelle altre due ipotesi del burden sharing statale o del temuto bail in europeo, potrebbe determinare il buon esito di un’operazione che si preannuncia comunque difficile e di ultima istanza.
In attesa di capire se davvero il fondo sovrano del Qatar sottoscriverà il promesso miliardo di nuovo capitale di Mps, l’esito dell’operazione ricadrà in gran parte sulle scelte che faranno nei prossimi giorni i 40.000 risparmiatori che detengono gli oltre 2 miliardi di obbligazioni subordinate di Mps destinate alla conversione in azioni.
La banca offre il riacquisto dei bond al valore nominale di emissione (100%) e la conversione in azioni a un prezzo compreso nel range più ampio che si sia mai visto in operazioni simili: tra un minimo di 1 euro per azione e un massimo di 24,9 euro. Più il prezzo sarà basso, peggio sarà per i vecchi azionisti che non sottoscriveranno la ricapitalizzazione. Ma un prezzo dell'emissione azionaria vicina ai minimi ipotizzati, potrà essere giudicato molto conveniente proprio dai detentori di bond subordinati che riceveranno il massimo dal rimborso delle loro obbligazioni (al prezzo di 100 contro un valore di mercato di circa 50) e otterranno in cambio azioni. Più sarà basso il prezzo, più azioni otterranno e più sarà conveniente eseguire lo swap bond-equity. Ma chi deciderà il prezzo delle nuove azioni? A comunicarlo ufficialmente sarà nei prossimi giorni il cda del Monte, sulla base delle indicazioni del pool di collocatori guidati da JP Morgan che riceveranno le offerte nell’ambito del collocamento azionario di mercato che avverrà in contemporanea e che sarà riservato per il 65% a investitori istituzionali italiani ed esteri e per il 35% al mercato retail italiano (il 30% del quale riservato agli attuali azionisti Mps).
In sostanza: il Qatar e gli altri investitori istituzionali e retail definiranno il prezzo delle nuove azioni. E sulla base di questo prezzo (ignoto per il momento) sarà possibile definire il valore dello swap bond-Z equity riservato ai detentori di bond subordinati. Un meccanismo apparentemente infernale che però, stanti le attuali regole europee sul burden sharing in caso di intervento statale, consente ai bondholders di evitare le penalizzazioni previste da una conversione in equity forzosa.
Data la situazione di emergenza, bene hanno fatto gli amministratori del Monte a perseguire in extremis il tentativo di salvataggio privato. In una situazione già complessa in assoluto, si sono trovati ad affrontare in emergenza il mancato rinvio dei tempi della Bce, una crisi imprevista di Governo (risolta meritoriamente in tempi rapidi dal Quirinale) e le legittime cautele della Consob rispetto a un quadro regolamentare imposto dalla direttiva Mifid che, e questo è un altro dei tanti paradossi della vicenda, rischiava di penalizzare i risparmiatori che invece doveva tutelare.
Come andrà a finire? La mission impossible può realizzarsi? Molto dipenderà dall’andamento dei mercati nei prossimi giorni. L’ultimo paradosso è che, proprio mentre le grandi banche d’affari internazionali del consorzio di collocamento di Mps ritiravano la garanzia sull’operazione, in Borsa i titoli bancari spiccavano il volo in Italia e in Europa. I miliardi negati per il salvataggio del Monte dalla grande finanza internazionale potrebbero arrivare dai risparmiatori italiani. Se davvero andrà a finire così, si tratterebbe di una lezione di cui tenere conto.