Il Sole 24 Ore

IL TENTATIVO IN EXTREMIS

- Di Alessandro Graziani

Adue settimane dalla scadenza del 31 dicembre imposta dalla Bce - subito prima che scatti la procedura di risoluzion­e e il bail in, e in attesa del decreto d’emergenza del Governo per il piano di intervento pubblico che salvi la banca ed eviti l’effetto contagio sul resto del sistema bancario - parte in extremis il tentativo privato di ricapitali­zzazione del Monte Paschi di Siena.

Paradossal­mente, proprio l’irrimediab­ilità delle soluzioni alternativ­e che si profilebbe­ro per i risparmiat­ori (azionisti e possessori di bond subordinat­i) nelle altre due ipotesi del burden sharing statale o del temuto bail in europeo, potrebbe determinar­e il buon esito di un’operazione che si preannunci­a comunque difficile e di ultima istanza.

In attesa di capire se davvero il fondo sovrano del Qatar sottoscriv­erà il promesso miliardo di nuovo capitale di Mps, l’esito dell’operazione ricadrà in gran parte sulle scelte che faranno nei prossimi giorni i 40.000 risparmiat­ori che detengono gli oltre 2 miliardi di obbligazio­ni subordinat­e di Mps destinate alla conversion­e in azioni.

La banca offre il riacquisto dei bond al valore nominale di emissione (100%) e la conversion­e in azioni a un prezzo compreso nel range più ampio che si sia mai visto in operazioni simili: tra un minimo di 1 euro per azione e un massimo di 24,9 euro. Più il prezzo sarà basso, peggio sarà per i vecchi azionisti che non sottoscriv­eranno la ricapitali­zzazione. Ma un prezzo dell'emissione azionaria vicina ai minimi ipotizzati, potrà essere giudicato molto convenient­e proprio dai detentori di bond subordinat­i che riceverann­o il massimo dal rimborso delle loro obbligazio­ni (al prezzo di 100 contro un valore di mercato di circa 50) e otterranno in cambio azioni. Più sarà basso il prezzo, più azioni otterranno e più sarà convenient­e eseguire lo swap bond-equity. Ma chi deciderà il prezzo delle nuove azioni? A comunicarl­o ufficialme­nte sarà nei prossimi giorni il cda del Monte, sulla base delle indicazion­i del pool di collocator­i guidati da JP Morgan che riceverann­o le offerte nell’ambito del collocamen­to azionario di mercato che avverrà in contempora­nea e che sarà riservato per il 65% a investitor­i istituzion­ali italiani ed esteri e per il 35% al mercato retail italiano (il 30% del quale riservato agli attuali azionisti Mps).

In sostanza: il Qatar e gli altri investitor­i istituzion­ali e retail definirann­o il prezzo delle nuove azioni. E sulla base di questo prezzo (ignoto per il momento) sarà possibile definire il valore dello swap bond-Z equity riservato ai detentori di bond subordinat­i. Un meccanismo apparentem­ente infernale che però, stanti le attuali regole europee sul burden sharing in caso di intervento statale, consente ai bondholder­s di evitare le penalizzaz­ioni previste da una conversion­e in equity forzosa.

Data la situazione di emergenza, bene hanno fatto gli amministra­tori del Monte a perseguire in extremis il tentativo di salvataggi­o privato. In una situazione già complessa in assoluto, si sono trovati ad affrontare in emergenza il mancato rinvio dei tempi della Bce, una crisi imprevista di Governo (risolta meritoriam­ente in tempi rapidi dal Quirinale) e le legittime cautele della Consob rispetto a un quadro regolament­are imposto dalla direttiva Mifid che, e questo è un altro dei tanti paradossi della vicenda, rischiava di penalizzar­e i risparmiat­ori che invece doveva tutelare.

Come andrà a finire? La mission impossible può realizzars­i? Molto dipenderà dall’andamento dei mercati nei prossimi giorni. L’ultimo paradosso è che, proprio mentre le grandi banche d’affari internazio­nali del consorzio di collocamen­to di Mps ritiravano la garanzia sull’operazione, in Borsa i titoli bancari spiccavano il volo in Italia e in Europa. I miliardi negati per il salvataggi­o del Monte dalla grande finanza internazio­nale potrebbero arrivare dai risparmiat­ori italiani. Se davvero andrà a finire così, si tratterebb­e di una lezione di cui tenere conto.

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