Il maxi-rosso Atac pesa sulle partecipate
pDa un lato i numeri del disastro: 42 società, oltre 24mila dipendenti, 823 milioni di deficit annuo a carico del comune, 440 milioni di perdite nel triennio 20132015, debiti verso le banche per 787 milioni. Dall’altro lato le prime azioni in cantiere, che per ora assomigliano a Davide contro Golia. In piena bufera per l’acquisizione di documenti in Comune e a tre giorni dalle dimissioni di Paola Muraro, con il Dg della municipalizzata dei rifiuti in uscita, la sindaca di Roma Virginia Raggi, l’assessore alle Partecipate Massimo Colomban e il titolare del Bilancio Andrea Mazzillo hanno sfornato «un’operazione verità» sulle partecipate di Roma Capitale.
«Stiamo cominciando a lavorare sulle macerie», ha esordito Raggi. «Ripartire è fondamentale per lavoratori e cittadini». Nel 2015 Il comune ha pagato 1,52 miliardi di contratti di servizio (più 58,8 milioni per quello con Acea). I ricavi delle società da altri enti o dal mercato (come la bigliettazione) ammontano a 711 milioni. A guardare i risultati economici emerge tutta la zavorra Atac, la partecipata dei trasporti, che da sola ha cumulato 439 milioni di rosso in un triennio. «È la vera malata: risanata Atac si risana il bilancio delle partecipate», ha sottolineato Colomban. Che però ha escluso dismissioni degli immobili strumentali, operazione cardine nel piano dell’ex Dg Rettighieri: «Oggi sarebbe una svendita». L’indebitamento delle partecipate genera interessi annui per oltre 40 milioni. Con un peso che per Atac arriva all’8,3% e per Ama al 4,4%. «Assurdo», per l’assessore. Non stupisce che il consolidato 2016 potrebbe registrare un disallineamento delle partite debitorie e creditorie con le società del gruppo Roma Capitale di oltre un miliardo. E che Colomban abbia ventilato un «buco» , tra indebitamento e mancanza di mezzi, «vicino a tre miliardi».
Per sostituire impianti e vetture vecchie, dunque per erogare servizi degni di una capitale, ad Atac e Ama servirebbero almeno 400 milioni. «È illusorio che in 3-6 mesi questa amministrazione possa offrire un servizio come Milano, non avendo mezzi né risorse», ha chiarito Colomban. Il riordino sarà lento. In attuazione del decreto Madia, che comunque dovrà essere corretto per effetto della recente sentenza della Consulta sulla riforma della Pa, «si studieranno accorpamenti delle partecipate che hanno un perimetro di operatività comune». Si porterà a compimento la liquidazione di sette società. Ma di cessioni nessuno ha parlato, nonostante le dismissioni delle società di secondo livello siano previste dal piano triennale di rientro dal debito. «Stiamo rivalutando le voci con il Mef», ha garantito Colomban. Neppure l’attesa riforma della governance arriverà a breve. Mandata in soffitta la delibera targata Minenna-Raineri, che prevedeva l’addio ai Cda e l’amministratore unico, affiancato dal Dg se necessario, si scommette su altro, come ha chiarito Raggi: «Stiamo lavorando con i consiglieri per creare una sorta di partecipazione dei lavoratori». Modello Olivetti.
È stato Mazzillo a quantificare gli effetti delle misure in cantiere: razionalizzazione (10 milioni l’anno), riduzione degli interessi passivi dal 5,4% al 2%, recupero dell’evasione su Tari e biglietti Atac (50 milioni). E un pacchetto patrimonio, per digitalizzare e accelerare le pratiche. In tutto, nei prossimi 3-5 anni si parla di risparmi per 70 milioni una tantum e di 90 milioni annui di maggiori entrate dal secondo anno.
Alle grane economiche si sommano quelle politiche, con il terremoto in Ama dopo le dimissioni di Muraro. Raggi ha provato a rassicurare: «C’è un’amministratrice unica e il direttore generale Stefano Bina cesserà le sue funzioni il 31 dicembre. Abbiamo già pubblicato il bando per il nuovo Dg». Ma Bina, irritato dalle ingerenze di Muraro, è pronto ad andarsene prima. L’ennesima valigia in appena sei mesi, dopo la raffica di dimissioni alla testa di Atac e di Ama del 1° settembre. Una fuga dal Campidoglio che fa tuonare le opposizioni, dal Pd a Fi: «Politiche fallimentari su aziende decisive per Roma».
LE CONTROMISURE Con riduzione interessi passivi, razionalizzazione e recupero evasione su Tari e biglietti, si punta a 70 milioni di risparmi e 90 di maggiori entrate