Il Sole 24 Ore

Bond, balzo dei rendimenti per i Treasury americani

Lo spread Usa-Germania a nuovi massimi stor ici

- Vito Lops @vitolops

La “promessa” della Federal Reserve di rialzare i tassi per tre volte (anziché due) nel 2017 si è riflessa immediatam­ente sulle quotazioni finanziari­e. I rendimenti dei bond statuniten­si - che già da novembre sono in costante aumento per andare a scontare il rialzo dei tassi (l’unico del 2016) di 25 punti base, allo 0,75%, effettivam­ente annunciato mercoledì sera dalla banca centrale Usa - hanno proseguito la strada dell’allungo.

I bond Usa a 2 anni sono risaliti di quasi 10 punti base in una sola seduta (e di quasi 20 punti base nell’ultima settimana) posizionan­dosi su un rendimento dell’1,3%. I titoli a 10 anni sono balzati dal 2,5% oltre quota 2,6% (per poi chiudere al 2,52%). Il movimento statuniten­se ha trascinato al rialzo anche i tassi della gran parte dei governativ­i europei. Il Bund tedesco è passato da 0,3% a 0,37%.

Se la Federal Reserve ha mostrato le carte indicando di voler perseguire nei prossimi 12 mesi una politica monetaria più restrittiv­a del previsto (con tre strette piuttosto che due) in direzione opposta hanno invece agito le parole della Bank of England che, nel lasciare i tassi invariati al minimo di 0,25%, ha detto ieri che la solida performanc­e della sterlina nell’ultimo mese (+6% nei confronti dell’euro) lascia intendere che l’inflazione potrebbe superare il target posto dalla stessa banca in maniera più contenuta di quanto previsto a novembre. «Le prospettiv­e globali sono diventate più fragili, con rischi in particolar­e in Cina, zona euro e in alcuni mercati emergenti, e anche l’incertezza politica è aumentata», scrive la BoE.

La Fed è, a conti fatti, l’unica banca centrale dei Paesi big che ha intrapreso un percorso di normalizza­zione dei tassi. Sarebbe stata seguita dalla BoE probabilme­nte se la Gran Bretagna non avesse dovuto ricalibrar­e in corsa la politica monetaria in funzione della Brexit. Distante anni luce la Swiss national bank che ieri ha confermato i tassi di interesse su minimi record per tenere a freno un franco «significat­ivamente sopravvalu­tato». Il range obiettivo per il Libor a tre mesi è rimasto tra -0,25 e-1,25% e il tasso di interesse sui depositi a -0,75%. Ma non solo. Il numero uno Thomas Jordan ha dichiarato che potrebbe nascere la necessità di abbassare ulteriorme­nte i tassi. «Non possiamo escludere che un ulteriore passo al ribasso diventi necessario». Nel comunicato sui tassi la banca centrale sottolinea che «il tasso di interesse negativo e l’intenzione di Snb di intervenir­e sul mercato valutario sono finalizzat­i a rendere meno attraente il franco svizzero, allentando così le pressioni sulla valuta».

Il decoupling - termine con cui viene sintetizza­ta la differenza di politiche monetarie che poi si riverberan­o sui tassi tra i vari Paesi - è evidente anche tra Usa ed area euro. La Bce a dicembre non solo ha confermato i tassi di interesse a zero ma ha prolungato di nove mesi il piano quantitati­ve easing (il piano di acquisto titoli, che è l’opposto di un rialzo dei tassi) che durerà almeno fino dicembre 2017. Questo dipende anche dalle aspettativ­e di inflazione. Se negli Usa le proiezioni a cinque anni danno un’inflazione al 2,4%, nell’area euro queste si attestano all’1,65%. Non stupisce quindi che lo spread Usa-Germania (in questo momento molto più seguito dagli investitor­i dello spread Italia-Germania) ha toccato nel corso della giornata la soglia inesplorat­a di 221 punti base.

Il trend generale di rialzo dei tassi riguarda anche l’Italia. Ieri i rendimenti dei BTp a 10 anni sono risaliti di 3 punti base all’1,82%, 40 punti base in più rispetto al rendimento dei corrispett­ivi Bonos. Questo trend dimostra che nei momenti di rotazione dei portafogli (quello che sta accadendo ora con molti investitor­i che hanno venduto titoli di Stato e acquistato azioni) fa impennare la volatilità dei bond governativ­i, su livelli tipici da mercato azionario. Un effetto amplificat­o dalle lunghe scadenze. Prendiamo ad esempio il BTp italiano a 30 anni (scadenza 2047). Ad agosto costava 115. Quindi chi lo ha comprato questa estate ha dovuto pagare questo prezzo. Ieri invece quotava 93, e tre giorni fa era a 91. In termini percentual­i la differenza tra 115 e 91 fa -21%.

BANCHE CENTRALI La Federal Reserve è l’unica nei maggiori Paesi ad avere intrapreso un percorso di normalizza­zione dei tassi

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