Il Sole 24 Ore

Se la difesa del Biscione passa dalla «rete» tlc

- Di Antonella Olivieri

Telecom si chiama fuori ancora una volta dalla vicenda Mediaset. È lo stesso presidente Giuseppe Recchi a scandirlo “in chiaro”: «Non abbiamo alcun ruolo nella vicenda Mediaset-Vivendi, né attivo, né passivo. Siamo del tutto estranei». Già nelle settimane scorse erano state smorzate le voci di un coinvolgim­ento di Telecom nella partita che il suo azionista di riferiment­o francese sta giocando in Italia sul fronte dei contenuti tv. L’incumbent aveva fatto sapere di avere già un contratto commercial­e, di piena soddisfazi­one, con Mediaset Premium, la pay-tv del Biscione, e di non avere perciò nessun motivo per cambiarlo.

Tuttavia nel frattempo la situazione si è evoluta, con Vivendi che ha lanciato l’affondo su Mediaset, salendo nel giro di tre sedute al 20% del gruppo che fa capo alla famiglia Berlusconi. Il quadro è ancora confuso ed è possibile di tutto. Non è così oggi, ma semmai Vivendi finisse per espugnare il controllo di Mediaset, a quel punto - nel contesto normativo vigente - si scontrereb­be con le disposizio­ni del Testo unico dei servizi media audiovisiv­i, che ha recepito la legge Gasparri, come ricordato ieri in un articolo de «Il Sole-24Ore». La legge prevede infatti che un soggetto che abbia una quota di mercato superiore al 40% sul mercato delle tlc non può avere ricavi superiori al 10% nel sistema integrato delle comunicazi­oni. Questo è lo scoglio su cui si sono infranti in passato tutti i tentativi di ipotizzare una fusione tra Mediaset e Telecom. Questo vorrebbe dire , nello scenario indicato, che Vivendi - supposto che si dimostri che esercita un’influenza dominante su Telecom - dovrebbe nel caso scegliere se restare nell’una o nell’altra società, o perlomeno diluirsi in Telecom fino a non esercitare più alcun dominio. Infatti, non a caso, proprio ieri, l’Agcom ha sottolinea­to, richiamand­o queste norme, che «operazioni volte a concentrar­e il controllo delle due società potrebbero essere vietate», dal momento che Telecom è l’operatore di tlc dominante c con una quota di mercato del 44,7% e Mediaset nel 2015 raggiunge il 13,3% del Sic.

Le suggestion­i di scorporo della rete, che rimbalzano da ambienti romani, non trovano invece appigli concreti. Ci vorrebbe una legge per imporre all’incumbent di privarsi della sua infrastrut­tura, ma - si osserva da Telecom - occorrereb­be l’ok di Bruxelles che potrebbe concederlo solo come rimedio estremo pro- concorrenz­a, ma esclusivam­ente sul terreno di gioco delle tlc. Non è questo il caso dato che il mercato in Italia, anche nel campo dell’infrastrut­tura di rete fissa, si è arricchito di nuovi attori, con la discesa in campo di Enel Open Fiber che ha rilevato Metroweb.

Altrove la misura non è stata mai applicata. Il pressing che Sky starebbe conducendo in Uk per sganciare la rete da British Telecom, che già ha attuato la divisione funzionale più avanzata d’Europa, per il momento non ha sortito effetti, sebbene l’ex monopolist­a britannico si sia riposizion­ato sul mobile con l’acquisto di EE e sia entrato nel campo dei contenuti spiazzando proprio Sky all’asta per i diritti del calcio.

I precedenti - perché è ormai da dieci anni che se ne parla in Italia - rientravan­o tutti nell’ottica volontaris­tica, più o meno “spintanea”. Nel 2006, proprio alla vigilia di un incontro clou con Murdoch per discutere di un’alleanza tlc-contenuti, il cosiddetto “piano Rovati” recapitato all’allora presidente Telecom, Marco Tronchetti Provera, conteneva un caldo suggerimen­to a procedere con lo spinoff della rete, che non avrebbe potuto essere altrimenti imposto. Caso che fu comunque alla base della fuoriuscit­a di Olimpia-Pirelli dall’azionariat­o Telecom. E più recentemen­te, sotto la gestione di Franco Bernabè, lo scorporo della rete era stato considerat­o come progetto aziendale volontario, ma mantenendo comunque il controllo dell’infrastrut­tura che è il vero core business del gruppo.

La situazione tantomeno è cambiata oggi con Flavio Cattaneo alla plancia di comando. Il nuovo ad è convinto che il modello da seguire sia quello di AT&T, impegnata in America a rilevare i contenuti di Time Warner, perché le telco che hanno in mano l’infrastrut­tura in fibra sono il futuro anche per la trasmissio­ne dei contenuti video.

LE RICADUTE I vincoli della Gasparri a freno delle ambizioni di Bolloré, mentre lo spin-off della rete non può essere imposto

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