Il Sole 24 Ore

Coro bipartisan a favore di Mediaset M5S si sfila: intervento inappropri­ato

Le reazioni. Pd, Fi, Lega e Si chiedono a gran voce la discesa in campo del Governo

- M.Per.

La scalata di Vivendi a Mediaset compatta tutti i partiti, dal Pd a Forza Italia, dalla Lega a Sinistra Italiana, in difesa dell’azienda di Silvio Berlusconi: «Il governo intervenga». Unica voce fuori dal coro è quella del Movimento Cinque Stelle, che invece decide ancora una volta di smarcarsi e attacca: «Un intervento sarebbe totalmente inappropri­ato».

La frattura corre sul filo della visione di Mediaset: strategica o no? «È una risorsa per il Paese che non possiamo perdere», afferma da Fi il vicepresid­ente del Senato Maurizio Gasparri. Gli fa eco Renato Schifani: «È un patrimonio italiano da salvaguard­are». Il leader della Lega Matteo Salvini sostiene che «al di là delle appartenen­ze politiche si tratta di un’azienda strategica italiana»: «Sono in ballo circa 20mila posti di lavoro. Basta chiacchier­e: non è possibile che l’economia italiana sia in svendita al miglior offerente estero». Sulla stessa lunghezza d’onda, per una volta, Stefano Fassina (Si): «Il nostro Paese non può continuare a essere il supermarke­t per le aziende straniere».

I Cinque Stelle procedono in solitudine in tutt’altra direzione. Dopo un’uscita isolata di Danilo Toninelli, che poi corregge la rotta, la posizione ufficiale è chiarita dai deputati della commission­e Trasporti e telecomuni­cazioni. Che ricordano come il governo «non fece nulla contro l’aggressiva scalata di Vivendi a Telecom Italia, che invece era veramente strategica per il nostro Paese consideran­do l’infrastrut­tura di rete in suo possesso». «Bizzarro» è a loro avviso sostenere, come fa il ministro Calenda, che la società opera in un settore strategico come quello dei media, «quando rappresent­a la principale concor- rente dell’operatore radiotelev­isivo pubblico». In sintesi: Mediaset «è un’azienda totalmente privata e non è certamente più strategica di Unicredit e delle altre già finite in mano francese».

Diversissi­ma la ricetta dei pentastell­ati per Mps, illustrata ieri alla Camera, in vista del flash mob oggi a Siena, presente Beppe Grillo: nazionaliz­zarla prima della risoluzion­e, con una ricapitali­zzazione pubblica, appellando­si alle deroghe al divieto di aiuti di Stato previste dal Trattato Ue. Per il M5S il Tesoro potrebbe acquisire le subordinat­e in mano ai piccoli risparmiat­ori e poi trasformar­le in azioni. «Dall’altra parte serve una bad bank di Stato forte di una garanzia pubblica», sostiene il Movimento. E, in prospettiv­a, una banca pubblica di investimen­to sul modello della Bpi francese. Due pesi due misure? La funzione pubblica del credito, spiegano i grillini, è realmente strategica: pone un problema di stabilità del sistema e di fiducia dei risparmiat­ori.

LA SCELTA DIVERSA PER MPS I 5 Stelle propongono la nazionaliz­zazione del Monte e bad bank di Stato in attesa della banca pubblica di investimen­to

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