Il Sole 24 Ore

Renzi torna in campo e punta al congresso Ma Orlando frena

- M. Se.

pMatteo Renzi avrebbe deciso: domenica all’assemblea del Pd, ribattezza­ta “Ripartiamo dall’Italia”, dovrebbe chiedere il congresso del partito con un percorso che potrebbe concluders­i il 5 marzo con le primarie per il segretario in vista di elezioni anticipate a giugno. «Abbiamo subito una sconfitta dura e io mi sono dimesso da premier, discuterem­o in modo trasparent­e e chiaro», annuncia l’ex capo del governo, ritornando sulla scena via social e proponendo un “sondaggio” su meriti ed errori del governo e spiegando di volersi mettere in ascolto anche sugli sbagli fatti negli ultimi tre anni.

La decisione di proporre il congresso, se sarà confermata domenica, alzerà ancora di più il livello di tensione dentro il partito: i bersaniani da giorni hanno fatto sapere che o Renzi si dimette da segretario o il congresso anticipato, che dopo il referendum la minoranza ritiene prematuro prima di una discussion­e politica, non si può fare. Ma i dubbi serpeggian­o anche dentro la maggioranz­a del Pd. Andrea Orlando, leader dei Giovani Turchi e possibile candidato al congresso, ieri è uscito allo scoperto: «Sono convinto che, dopo il referendum, dobbiamo utilizzare le energie che abbiamo per ascoltare e parlare al Paese prima ancora di dare il via a una campagna che rischia di essere un po’ una disfida pre-elettorale».

Il consiglio che in questi giorni è arrivato da più parti all’ex premier è stato di far calmare le acque per un mesetto e far sedi- mentare la sconfitta al referendum prima di spingere sul congresso. Anche perchè, spiegano più fonti, per evitare le carte bollate dentro i dem Renzi, a norma di Statuto, dovrebbe presentars­i dimissiona­rio all’assemblea e chiedere ai delegati, dei quali circa l’80% è di maggioranz­a, di votare perché resti segretario fino al congresso. Per questo da giorni dirigenti e sherpa sono al lavoro per assicurare la presenza e il numero legale che consenta di votare con il 50% più 1 la deroga allo Statuto. E i numeri, stando ai calcoli dei renziani, ci sono. «La politica non è mai Amarcord, ma sempre paziente costruzion­e di futuro», è la convinzion­e del segretario, già pronto a rimettersi in marcia. «Vorrei che ritornasse in campo - gli consiglia Francesco Rutelli, che “scoprì” il giovane presidente della Provincia di Firenze - ma con meno precipitaz­ione e non con il desiderio di un immediato regolament­o di conti, che rischiereb­be soltanto di finire come il referendum. Ma guai se lo perdiamo».

Se congresso sarà, il problema sarà soprattutt­o per la sinistra quello di riuscire a mettere d’accordo correnti e capi-bastone e individuar­e un candidato unico. «Rischiamo di avere più candidati che idee», ammette il ministro Orlando. Al momento i possibili candidati, oltre al governator­e toscano Enrico Rossi già ufficiale, sono Roberto Speranza, il governator­e pugliese Michele Emiliano mentre Gianni Cuperlo vedrebbe bene eventuali primarie di coalizione per scegliere il premier Giuliano Pisapia, pronto a unire la sinistra oltre il Pd. E nel tentativo di trovare l’unità della minoranza ieri è stato avvistato alla Camera Emiliano che, oltre all’asse con Francesco Boccia, avrebbe avuto contatti con Cuperlo, Speranza e con il presidente del Lazio Nicola Zingaretti.

IL GUARDASIGI­LLI «Dopo il referendum dobbiamo utilizzare le energie per ascoltare e parlare al Paese, no a una disfida pre-elettorale»

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