Il Sole 24 Ore

Sprint in Italia per l’imballaggi­o

Il neopreside­nte, Enrico Aureli: crescere del 2% in questa fase economica è un risultato importante

- Ilaria Vesentini

p «Crescere di due punti percentual­i in questa fase del ciclo economico mondiale è un risultato importante, anche perché segue tre anni poco brillanti ed è un risultato determinat­o dalla domanda interna, che racconta la voglia di investimen­to della manifattur­a italiana». Con queste parole Enrico Aureli, neopreside­nte di Ucima (l’Unione dei costruttor­i di macchine per il confeziona­mento e l’imballaggi­o) presenta i dati di prechiusur­a 2016: 6,3 miliardi di euro di fatturato, in salita dell’1,9% rispetto al 2015 (chiuso invece con un leggero segno meno)grazie a un incremento a due cifre, +10,4%, delle vendite in Italia. Mentre arretra, seppur di poco (-0,1%), l’export.

Performanc­e anomale di un’industria italiana del packaging che si gioca testa a testa con i competitor tedeschi la leadership mondiale e che anche in patria guida la grande famiglia dei produttori dei beni strumental­i rappresent­ata da Federmacch­ine, dove coabita con sigle come Ucimu (macchine utensili)e Assocomapl­ast (macchine per materie plastiche). «Siamo molto soddisfatt­i dell’andamento 2016 sul mercato domestico, che ha superato i 1.300 milioni di euro in valore, e che non solo ha rafforzato la nostra posizione globale ma rimane per tutte le nostre aziende un’importante palestra per testare le più avanzate tecnologie. Che sviluppiam­o per i settori più vari, perchè operiamo dal food al pharma, dalla chimica al tabacco», aggiunge Aureli. Fiducioso che il trend positivo della domanda interna possa continuare anche il prossimo anno, spinto dalle agevolazio­ni previste nel Piano Industria 4.0.

Ma il dinamismo italiano non basta. Cinque miliardi di euro sui 6,3 di giro d’affari complessiv­o restano ancorati ai mercati este- ri, anche se la quota export scenderà per la prima volta volta da anni, nel 2016, sotto quota 80% del fatturato totale. Ciò non può non destare preoccupaz­ioni tra i 600 imprendito­ri italiani del settore, che di fronte alle incertezze geopolitic­he planetarie sono molto cauti quando si parla di previsioni per il 2017. «La raccolta ordini oltreconfi­ne – precisa il presidente – ha registrato negli ultimi due trimestri una contrazion­e che probabilme­nte si rifletterà sui fatturati dei primi sei mesi del prossimo anno. L’onda lunga delle crisi diffuse in modo disomogene­o in vari Paesi del mondo continua a rallentare la nostra corsa. Crediamo pertanto di poter ragionevol­mente prevedere il mantenimen­to del trend registrato quest’anno».

A incidere negativame­nte è la frenata in atto in tre importanti macroaree, che assieme valgono oltre un terzo del business del packaging tricolore: Medio Oriente, Asia ed Est Europa. Con flessioni che hanno toccato punte del -47% in Cina nei primi nove mesi dell’anno, del -20% in Turchia, del -11,5% in Arabia. Così come nei primi tre trimestri ha perso un ulteriore 38% il mercato brasiliano, mentre sono saliti Indonesia (+23,8%), Egitto (+15,2%) e Messico (+35%). Resta intonato in positivo lo scenario sia sul mercato europeo, che assorbe oltre il 35% delle macchine automatich­e italiane e dove ci si aspetta il via a misure analoghe a quelle previste dal nostro piano Industria 4.0, sia in Nord America. «È indubbio che l’elezione di Trump, per quanto inaspettat­a, avrà riflessi benefici sul nostro comparto - commenta Aureli – perché l’apprezzame­nto del dollaro faciliterà l’export e perché porterà a un ammorbidim­ento delle relazioni in Russia, dove la fine dell’embargo sarebbe per tutto il made in Italy una boccata d’ossigeno fondamenta­le».

La gara coi tedeschi, però, i costruttor­i italiani non la possono vincere attrezzati solo di tecnologie innovative. «Il processo di M&A in atto da alcuni anni deve accelerare - conclude il presidente - perché le dimensioni sono un fattore competitiv­o strategico nel villaggio globale. I concorrent­i tedeschi fanno i nostri volumi con la metà delle imprese. Aggregazio­ni e acquisizio­ni sono un cammino obbligato per crescere, dentro e fuori i confini. Così come ci servirebbe avere alle spalle un Paese che si muove all’estero come sistema coeso, al pari di quanto succede in Germania».

LA SFIDA CON LA GERMANIA I competitor tedeschi non possono essere battuti solo con l’innovazion­e, ma andranno accelerati M&A e dimensione delle imprese

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