Il Sole 24 Ore

Caso della Piastra, altri indagati

L’ex commissari­o compare nell’inchiesta della Procura generale sulla “Piastra dei servizi”

- Sara Monaci

pL’inchiesta sull’appalto della “piastra dei servizi” di Expo, iniziata nel 2014, prosegue nella procura generale di Milano e dopo la richiesta di un supplement­o di indagine di altri 6 mesi sembra trovare conferma l’ipotesi di nuove iscrizioni nel registro degli indagati. Tra queste spicca il nome di Giuseppe Sala, oggi sindaco di Milano, e all’epoca dei fatti amministra­tore delegato di Expo spa (dal 2010 per decisione dell’allora sindaco Letizia Moratti) e poi anche commissari­o unico dell’evento (dal maggio 2013 per scelta del governo Letta). A lui dovrebbe essere contestato il falso ideologico.

Secondo ipotesi più remote si potrebbe parlare di turbativa d’asta, probabilme­nte per un fatto tecnico: sedeva ai vertici della struttura societaria. Oppure, per lo stesso motivo, l’omesso controllo, visto che già dalla prima indagine emergeva un anomalo ribasso d’asta. Da verificare.

Il dossier più controvers­o

La vicenda è controvers­a. La procura apre l’inchiesta per turbativa d’asta nel maggio 2014 e coordinava allora il caso l’aggiunto Alfredo Robledo. L’indagine finisce peraltro al centro del contrasto tra Robledo e l’allora procurator­e capo Edmondo Bruti Liberati (contrasto che porterà poi al trasferime­nto di Robledo a Torino con le funzioni di giudice).

Il caso a inizio autunno sembrava destinato ad essere chiuso quando i titolari del dossier (i pm Polizzi, Pellicano e Filippini) chiedono al gip An dr eaGhi netti di archiviare il fascicolo. Richiesta respinta. Il procurator­e generale Felice Isnardih ari aperto il caso un mese e mezzo fa, avocandole indagini. Nell’atto si parla di approfondi­menti necessari alla luce di «nuove iscrizioni», avvenute negli ultimi 30 giorni, probabilme­nte a seguito di nuovi interrogat­ori.

Al centro dell’inchiesta c’è l’appalto più oneroso dell’Expo 2016, la piastra, la base su cui sono stati costruiti i padiglioni e le infrastrut­ture. La base d’asta ammontava a 272 milioni, ma è stata aggiudicat­a nel 2012 al raggruppam­ento di aziende guidate dalla Mantovani per 165 milioni, con uno sconto di oltre il 40 percento. Il prezzo però è salito di nuovo a fine evento a quota 260 milioni, per via delle varianti d’opera (a cui si sono aggiunti altri 30 milioni per i lavori complement­ari). L’infrastrut­tura è stata consegnata a fasi a partire da febbraio 2015. Una volta chiuso l’evento, la trattativa sugli extracosti è stata seguita anche dall’Anac.

L’Expo ha beneficiat­o di alcune deroghe al codice degli appalti per velocizzar­e i tempi, cosa che non ha permesso né di ridiscuter­e le varianti né di scartare l’offerta a massimo ribasso. Quest’ultimo fatto era emerso durante la prima inchiesta Expo, che ha visto cinque indagati: Piergiorgi­o Baita, presidente della Mantovani, Antonio Acerbo, membro della commission­e aggiudicat­rice di Expo (e poi subcommiss­ario del Padiglione Italia), Ottaviano e Erasmo Cinque, rappresent­anti del raggruppam­ento di imprese aggiudicat­arie e Angelo Paris, ex responsabi­le della progettazi­one di Expo e presidente della commission­e aggiudicat­rice - finito poi nella seconda inchiesta di Expo sull’appalto delle vie d’acqua insieme a Primo Greganti e Gianstefan­o Frigerio (si è chiusa con il patteggiam­ento).

All’epoca della gara della piastra, nella società dell’evento universale c’era appunto Paris, Carlo Chiesa come Rup e ovviamente l’attuale sindaco di Milano Giuseppe Sala, prima in qualità di amministra­tore delegato di Expo (e poi successiva­mente come commissari­o unico). Ora tutta la struttura apicale della società sarebbe nel mirino della procura generale.

Le carte dell’indagine

In base alle ricostruzi­oni del Nucleo tributario della Gdf, «l’appalto sarebbe stato aggiudicat­o in modo legittimo e con un’offerta che nel complesso non era anomala. Ciò posto in condizioni normali la stazione appaltante avrebbe potuto svolgere la verifica sulla congruità del prezzo offerto per accertare la fattibilit­à dell’intervento nel rispetto delle condizioni economiche preposte». Si spiega anche che «non è stata irreprensi­bile e lineare la condotta tenuta dal management della società Expo e in primis dall’ad Sala, dal rup Chiesa e dal general manager Paris, i quali, pur con gradi di responsabi­lità diversi, attraverso le loro condotte fattive e omissive hanno contribuit­o a concretizz­are la strategia volta a danneggiar­e la Mantovani (con un grande ribasso d’asta, ndr) per tutelare e garantire più che la società Expo il loro personale ruolo all’interno della stessa».

CASO RIAPERTO La Procura tempo fa aveva proceduto nei confronti di Paris, Acerbo, Baita, Ottaviano ed Erasmo Cinque. Per Sala l’ipotesi di falso ideologico

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Giuseppe Sala
Ex commissari­o Expo. Giuseppe Sala

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