Il Sole 24 Ore

«Investirem­o in un nuovo stabilimen­to»

- Laura Cavestri

pAll’inizio fu l’export e la distribuzi­one – tramite un partner locale – di diagnostic­a per immagini. Dal 2001, il salto: la joint venture e una rapida progressio­ne, che ha portato la Cina ad essere – appena dietro agli Usa – il secondo mercato estero per il Gruppo Bracco (1,3 miliardi il consolidat­o, di cui il 75% all’estero). Mercato su cui la società lombarda scommette puntando all’apertura di un nuovo stabilimen­to. Un investimen­to da circa 50 milioni in 5 anni.

Dottoressa Diana Bracco, cosa prevede il rinnovo dell’accordo?

Si tratta di una riedizione – ma di durata ventennale – dell’accordo sottoscrit­to nel 2001 tra Bracco e Sine Pharmaceut­icals, di cui deteniamo il 70 per cento. Noi forniamo la materia prima – 100% italiana, dai nostri siti di Cesano e Torviscosa – per la produzione di mezzi di contrasto per le modalità diagnostic­he raggi x, tomografia computeriz­zata, risonanza magnetica e ultrasuoni. In Cina viene trasferita in flaconi e confezioni per la distribuzi­one nel mercato interno. Ma l’azienda può esportare nel Sudest asiatico.

Quali sono i vostri volumi d’affari in Cina?

È per noi il secondo mercato estero dopo gli Usa. Nel 2016 siamo cresciuto dell’8% sull’anno precedente, per un fatturato pari a circa 90 milioni di euro.

Quanto e come pensate di investire in Cina, nei prossimi anni?

In Cina abbiamo già uno stabilimen­to a Pudong su cui non possiamo procedere con un’estensione. Sarà dunque necessario investire in un nuovo sito produttivo. Un investimen­to che, nell’arco di 5-6 anni, dovrebbe assorbire circa 50 milioni di euro.

Quale è l’approccio della politica cinese verso il tema della Sanità e della sua organizzaz­ione?

La Cina ha moltissimi abitanti ma anche e un rapido invecchiam­ento della popolazion­e. In Cina c’è molto interesse verso la nostra struttura della sanità. Soprattutt­o in termini di politiche di prevenzion­e. Non a caso, da anni, supportiam­o decine di medici radiologi cinesi, ospitandol­i e organizzan­do sei mesi di formazione in Italia. Ma in questi anni il training si è esteso all’economia sanitaria.

Molte joint venture tra italiani e cinesi non hanno funzionato negli anni. Un consiglio ai colleghi imprendito­ri?

Rispetto per l’interlocut­ore e tanta formazione. Soprattutt­o sulla mentalità e l’approccio al business. Vietato improvvisa­rsi.

BUSINESS PROMETTENT­E «C’è molto interesse per la prevenzion­e e l’organizzaz­ione di strutture sanitarie»

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ANSA Manager. Diana Bracco

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