Il Sole 24 Ore

Il dilemma del banchiere centrale

Capire cosa può dire cercando di comprender­e come verranno interpreta­te le sue parole

- Di Davide Colombo

Il vero dilemma del banchiere centrale nei tempi della forward guidance, ovvero l’orientamen­to a dare una «guida delle mosse future» dopo aver annunciato l’ultima scelta di politica monetaria, è «capire che cosa si può dire ai mercati cercando al tempo stesso di comprender­e come verrà capito il proprio dire». Salvatore Rossi, direttore generale della Banca d’Italia e presidente dell’Ivass, ha fissato con questa immagine lo stato attuale dell’arte dei “governator­i della moneta”.

Una funzione svolta dopo la «delega in bianco» ricevuta dalla politica che li ha scelti e in un contesto informativ­o sempre più complicato, fatto di dati e modelli analitici che giorno dopo gi orno consentono di leggere gli sviluppi economici e finanziari come mai prima d’ora era stato possibile. E dovendo, per di più, agire senza la riserva di segretezza dei decenni passati ma con il massimo di trasparenz­a.

Rossi è intervenut­o ieri sera alla presentazi­one del nuovo libro di Alberto Orioli, vicedirett­ore del Sole 24 Ore, dedicato agli “Oracoli della moneta – L’arte della parola nel linguaggio dei banchieri centrali”. Ospite insieme con il giudice della Consulta, Giuliano Amato, e il linguista Tullio De Mauro, il direttore di Bankitalia per spiegare il dilemma del central banker ha indicato l’esempio dell’ultima mossa della Federal Reserve, adottata appena ventiquatt­r’ore prima, di aprire una fase di stretta della politica monetaria ultra-espansiva degli Stati Uniti. «La Fed – ha detto Rossi – è riuscita a fare ieri una cosa che tentava di fare da almeno due anni ma che ha fin qui rinviato perché i sussulti dei mercati mondiali l’hanno sempre rispinta indietro».

Comunicare e capire, appunto. In un gioco di interconne­ssioni e ossessioni tra banchieri centrali e mercati che segna il campo in cui si muove oggi la politica monetaria, definita in un altro libro del capo economista di Allianz, Mohamed El-Erian “L’unico gioco in città”, proprio a sottolinea­re l’assenza di un’altrettant­o forte azione di politica fiscale. E il difficile eser- cizio della parola del banchiere che «diventa atto» è, nella riflession­e di Rossi, reso ancor più complesso dalla transizion­e incompiuta verso un’Unione europea che è rimasta «solo» monetaria, visto che il percorso verso l’Unione politica si è interrotto davanti alla crisi greca seguita da quella dei debiti sovrani.

Per Giuliano Amato è proprio questa una delle ragioni per cui è sulle parole dei banchieri centrali che s’è concentrat­a l’attenzione assoluta. «Il whatever it takes di Mario Draghi e la totale trasparenz­a comunicati­va delle conferenze stampa della Bce – ha osservato – definiscon­o il limite fiduciario su cui si basa una politica monetaria che non può fare tutto da sola».

Amato ha proposto una contrappos­izione tra la forza della parola del diritto e la «base fiduciaria» che supporta la parola dei banchieri centrali. Se la prima promana da una fiducia «precostitu­ita» riconosciu­ta a una istituzion­e, la seconda deve essere rinnovata giorno dopo giorno, ora dopo ora da mercati interconne­ssi.

«Uno degli atti in cui ho provato la maggiore forza delle parole che scrivevo – ha esemplific­ato Amato – è stato quando nel luglio del 1992 ho trasformat­o l’Iri e l’Eni in società per azioni scrivendol­o sulla Gazzetta Ufficiale». I governator­i centrali non hanno questo potere, questo «fiat legislativ­o» ha detto l’ex presidente del Consiglio, perché appunto «l’efficacia dei loro atti in ultima analisi dipende dalle reazioni dei mercati». Per questo serve la base fiduciaria che è poi la stessa base con cui si «riconosce valore alla moneta che condividia­mo».

Alberto Orioli, vicedirett­ore del Sole 24 Ore, analizza come sia cambiato il modo di fare comunicazi­one dei banchieri centrali: per anni hanno privilegia­to una comunicazi­one oracolare, volutament­e oscura e mistichegg­iante, oggi, al contrario, i governator­i si confrontan­o con la nuova strategia della trasparenz­a e con le conferenze stampa, fino a far diventare atti le loro parole.

Il problema è che, appunto, il mondo è cambiato. E il « wording » dei discorsi dei governator­i, come lo definisce Tullio De Mauro nella prefazione al libro, ha assunto significat­i diversi e di peso diverso: «Ai tempi di Guido Carli dire troppo avrebbe creato incertezza mentre oggi avviene il contrario» ha detto ancora Amato. Diverso il contesto e diversi i significat­i attribuiti agli «atti di parola» ha spiegato De Mauro, ricordando che ai tempi del Governator­e Carli «i discorsi avevano una dimensione retorica diversa, perché erano fatti con parole per persuadere».

Ma quelli, ha ribattuto Salvatore Rossi «erano gli alfieri della riservatez­za». Dagli anni Cinquanta alla fine degli anni Settanta – ha ricordato il direttore della Banca d’Italia – si potevano sorprender­e i mercati. Ora non più. Il paradigma è cambiato e la politica monetaria deve garantire trasparenz­a e prevedibil­ità sulle sue mosse future. «Per questo – ha aggiunto Giuliano Amato – non può più essere lasciata da sola». In assenza di una politica fiscale altrettant­o leggibile e trasparent­e «l’impresa di analizzare troppo a fondo i linguaggi dei governator­i può condurre a esiti controprod­ucenti – ha concluso Amato – con effetti che i mercati ogni giorni di mettono davanti agli occhi».

LE DINAMICHE La politica monetaria si muove oggi in un gioco di interconne­ssioni e ossessioni tra banchieri centrali e mercati finanziari

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