Il Sole 24 Ore

Ior, consiglio “laico” a 7 membri, nessun italiano

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Si rinnova e si amplia fino a sette membri il consiglio “laico” dello Ior, la banca vaticana. Ma non c'è nessun italiano: non era mai accaduto, dalla fondazione nel 1942. Ieri il consiglio dei cardinali ha nominato tre nuovi consiglier­i: l'americano Scott C. Malpass, cfo della Notre Dame University, lo spagnolo Javier Marín Romano, già alto dirigente del Santander e conosciuto dal cardinale Santos Sabril y Castello – presidente della commission­e cardinaliz­ia – e il tedesco Georg Freiherr von Boeselager, banchiere privato membro dell’Ordine di Malta e fratello di Albrecth von Boeselager, già Gran Cancellier­e dell’Ordine sostituito a sorpresa nei giorni scorsi, entrambi figli di Philipp Freiherr von Boeselager, coinvolto nella fallita operazione Valchiria per assassinar­e Hilter. Lo Ior quindi riparte in fase sperimenta­le con un cda a sette, visto che lo statuto ne prevede cinque.

Nel maggio scorso erano usciti l’italiano Carlo Salvatori e Clemens Borsig, più propensi forse ad un modello di banca distante dall'idea di Francesco, che ha voluto ricondurre lo Ior alla sua missione originaria di assistenza per le opere di religione. (Ca.Mar.)

in ogni caso, sarebbe già stata studiata dalla famiglia Pesenti. Al punto che il progetto nelle settimane scorse avrebbe ricevuto un primo via libera dal consiglio di amministra­zione della società. In quella sede il board avrebbe valutato l’opportunit­à di destinare all’iniziativa tra i 200 e i 300 milioni di euro, per un impegno, dunque, che sulla carta rappresent­a più o meno il 30% dell’operazione nel suo complesso.

Da capire, a questo punto, le modalità con cui si realizzerà la manovra. Non è infatti ancora chiaro se Edf intende vendere il pacchetto oppure se sta consideran­do di raccoglier­e risorse fresche che possano aiutare Edison a sostenere un’ambiziosa campagna di crescita. Va ricordato, riguardo a ciò, che da qualche tempo Edf non naviga in ottime acque. La società ha varato un importante piano di cessioni, circa 10 miliardi, da realizzare entro il 2020, per far fronte a una situazione debitoria poco equilibrat­a. Tanto che proprio nei giorni scorsi ha perfeziona­to la cessione alla Cassa Depositi e prestiti francesi del 49,9% della controllat­a Rte. D’altra parte, nel 2015 il colosso transalpin­o, particolar­mente esposto all’energia nucleare, ha registrato un utile netto in calo a 1,2 miliardi di euro, circa un terzo dei 3,7 miliardi di profitti segnati nel 2014. Così, per far fronte agli obblighi nei confronti degli azionisti (innanzitut­to lo stato francese che controlla l’84% del capitale), e al contempo garantirsi denari per sostenere gli investimen­ti, la società ha abbassato il dividendo 2015 a 1,10 euro per azione da 1,25 euro nel 2014, e per di più ha deciso di pagarlo in azioni. Ecco perché alcuni osservator­i ipotizzano che la compagnia francese possa privilegia­re la strada della vendita. Al momento, tuttavia, si è appreso soltanto che il consorzio partecipat­o da Italmobili­a-

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