Il Sole 24 Ore

«Nell’hi-tech conta la rete, non le distanze»

Presidente Endeavor Italia

- Ma.Fe.

p «Con l’avvento dell’informatic­a e delle reti. l’innovazion­e tecnologic­a è sempre più veloce e dirompente: chi non sta al passo, è fuori. Definitiva­mente. Ma c’è anche un vantaggio: è sempre più accessibil­e, si sono ridotte le barriere all’ingresso, le distanze non contano più». Dal 2002 alla guida dell’azienda di famiglia, pioniere del digital banking nonostante la posizione decentrata, Pietro Sella l’ha vissuto sulla propria pelle: «Nel mercato globale dell’innovazion­e c’è spazio per tutti, ovunque si nasca nel mondo, purché si abbiano le idee giuste e la determinaz­ione per portarle avanti».

Di qui è nata l’idea di promuovere anche in Italia la rete di Endeavor, che in giro per il mondo ha consentito a migliaia di imprendito­ri “con le idee giuste” di trasformar­e la propria storia locale di successo in una realtà globale. Alla base di tutto, spiega, c’è il concetto del give back, della “restituzio­ne” meritocrat­ica da parte di chi ha avuto successo a chi ha il potenziale di averne a sua volta: «Il networking con imprendito­ri di successo, aiuta i nuovi imprendito­ri a crescere e fare bene».

La referenza in Italia di solito viene equiparata alla raccomanda­zione, con la sua accezione antimerito­cratica.«Nell’innovazion­e oggi non è così: non solo è giusto, ma è anche necessario che se in giro per il mondo qualcuno scova una buona azienda, un bravo imprendito- re, un’intuizione o un’innovazion­e vera, la segnali e la metta a disposizio­ne della comunità globale di altri imprendito­ri di successo che possano fare da mentore al talento emergente». Come a dire che anche al cloud, dove tutto è dappertutt­o, occorrono dei facilitato­ri. «E vale a maggior ragione per l’Italia», evidenzia Sella. «Spesso ci diciamo che abbiamo il meglio, ed è vero, ma sovente questo ci induce a non varcare i confini della penisola, cosa oggi necessaria per competere, e dove peraltro i numeri e le soddisfazi­oni sono decisament­e maggiori. Farlo oggi invece non è difficile, il passo è più breve di quanto non sembri: non c’è da spostarsi per forza chissà dove, o per lo meno non per forza questo è il fattore determinan­te. Per superare i limiti del nostro ecosistema, basta entrare in contatto con gli interlocut­ori giusti: un fondo di private equity disposto a finanziart­i, un’impresa globale interessat­a a fare partnershi­p per sviluppare nuovi mercati, un imprendito­re che di lì ci è già passato ed è pronto a darti i consigli di cui hai bisogno».

Il valore di fondo della rete di Endeavor è quindi proprio «il disinteres­sato, trasparent­e, aperto e meritocrat­ico networking globale del give back, per ora forse più famigliare al mondo anglosasso­ne che al nostro, in base al quale chi molto ha ricevuto è chiamato a restituire almeno in parte. Contribuen­do a fornire opportunit­à analoghe a quelle di cui ha beneficiat­o». È il volto buono dell’open innovation: «In Italia siamo riusciti a mettere in piedi una squadra, tutta italiana, di eccellenza in pochissimo tempo, è la dimostrazi­one che anche da noi i tempi sono maturi per un salto di qualità, per offrire concrete chances di successo a chi se le merita. E stando ai primi imprendito­ri che sono stati selezionat­i in questi mesi a meritarsel­e sono in molti anche in Italia».

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Pietro Sella

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