Dai ministeri risparmi da 700 milioni nel 2017
3. COSTI DELLA PA
La spending review dei ministeri entra nella fase strutturale. Che richiede risparmi sopra quota 700 milioni per ciascuno degli anni dal 2017 al 2019. Nel 2017 la dote richiesta è di 728 milioni, 488 dei quali solo dal ministero dell’Economia.
pD al 2017 la spending review entra nella sua fase strutturale, come previsto dalla nuova legge di Bilancio che integra in un solo testo la vecchia Stabilità fino all’anno scorso separata dalla legge di Bilancio di natura tabellare.
I nuovi tagli di spesa sono per 728,4 milioni se si limita lo sguardo ai ministeri e alla Presidenza del consiglio. Come già accaduto lo scorso anno, ciascun dicastero deciderà autonomamente come centrare l’obiettivo di risparmio fissato in manovra. E avrà anche la possibilità di rimodulare nel tempo la riduzione di spesa a suo carico rispettando i target assegnati.
Il ministero dell’Economia effettuerà un monitoraggio sulla base dei dati inviati da ciascun ministero nei primi mesi dell’anno e, in caso di sforamento, potrà procedere a tagli di budget del ministero coinvolto. La nuova programmazione di bilancio viene anticipata in primavera, con la definizione degli obiettivi di spesa entro il 31 maggio con un decreto del presidente del Consiglio.
Ai fini dell’indebitamento della Pa, la dote maggiore dovrà essere assicurata dal mi- nistero dell’Economia dal quale sono attesi 488,6 milioni. Nella graduatoria dei tagli, al secondo posto, c’è il ministero della Difesa, che dovrà recuperare tra le pieghe del suo budget 74,9 milioni. La terza posizione spetta al ministero degli Affari esteri che dovrà realizzare un risparmio di 35,5 milioni, quasi la metà dei quali sarà comunque assicurata dalla dismissione di alcuni uffici e sedi all’estero. Il contributo meno oneroso è quello chiesto ai ministeri del Lavoro e dell’Ambiente: in entrambi i casi il target è di 4 milioni. La Presidenza del Consiglio dovrà invece rinunciare a 8 milioni.
Nel triennio i tagli attesi sono per a quasi 729 milioni nel 2017, circa 709 nel 2018 e a poco più di 713,2 nel 2019. Dal 2020 l’entità delle minori spese previste per il 2019, al netto di quelle che derivano dalle maggiori entrate per la dismissione delle sedi all’Estero del ministero degli Affari esteri (16 milioni), «è da considerarsi permanente», come si legge nella Relazione tecnica che accompagna la manovra. La potatura riguarda prevalentemente le uscite correnti (circa l’82% nel 2017 e il 92% negli anni successivi).
Nel testo della legge di Bilancio la spending review è regolata dal comma 413 al comma 426 dell’articolo 1. Si parte dalla nuova analisi che svolgerà il Mef tramite la controllata Consip Spa sugli strumenti di acquisto centralizzato di beni e servizi nell’ambito del Programma di razionalizzazione.
Su questo versante la manovra prevede, in linea con quanto indicato nel Def di aprile, l’attribuzione al ministero dell’Economia della funzione di «acquirente unico» per alcuni servizi essenziali della Pa e non solo di centrale unica (attraverso Consip) per gli approvvigionamenti dei dicasteri. Si partirà con una sperimentazione che interesserà i servizi di energia elettrica e dei buoni pasto per il personale con il coinvolgimento di due ministeri (Mef e Interno). La tempistica sarà decisa con un decreto del Mef. Sarà invece il presidente del Consiglio a decidere (con Dpcm) l’eventuale estensione del bacino dei ministeri e dell’elenco delle categorie merceologiche da collegare alla nuova procedura imperniata sul Mef con il ruolo di «acquirente unico».