Il Sole 24 Ore

No alle leggi regionali anti-Uber

La Corte costituzio­nale boccia la norma del Piemonte che riserva i servizi a chiamata ai taxi e agli Ncc Sulla concorrenz­a è competente lo Stato, che però ora deve cambiare le regole

- Maurizio Caprino

pAnche la Corte costituzio­nale auspica che il Parlamento cambi la legge su taxi e noleggio con conducente per “far posto” in qualche modo a Uber. E, nel frattempo, boccia la legge regionale con cui il Piemonte l’anno scorso aveva praticamen­te vietato l’ingresso sul mercato per il servizio di trasporto non di linea a chiamata basato sull’omonima app. Il motivo è che la norma incide sulla disciplina della concorrenz­a, su cui è competente lo Stato.

La Consulta, con la sentenza 265/2016 depositata ieri, si allinea così ai pareri dell’Antitrust (luglio 2014 e maggio 2015), dell’Autorità dei trasporti (giugno 2015) e del Consiglio di Stato (maggio 2016). Tanto più che - ricordano i giudici costituzio­nali - la questione è dibattuta anche a livello Ue. Il problema è che delle nuove norme il Parlamento discute ormai da oltre due anni, nell’ambito del Ddl concorrenz­a, il cui iter è stato pieno di ostacoli (troppi gli interessi contrappos­ti) anche prima che l’esito del referendum cambiasse l’agenda della politica.

Dunque, per ora ci si deve limitare a prendere atto che la Corte costituzio­nale, in attesa di nuove norme, boccia sulla base dell’ordinament­o attuale la scorciatoi­a trovata da alcune Regioni del Nord: Liguria e Piemonte hanno approvato proprie leggi per difendere l’assetto di mercato basato su taxi e Ncc. La Lombardia, invece, non ha portato a termine l’iter di un disegno di legge sulla materia.

Riguardo alla norma del Piemonte (lr 14/2015, articolo 1), i giudici costituzio­nali osservano che rientra «nell’ampia nozione di concorrenz­a» definita dall’ar- ticolo 117, comma 2, lettera e) della Costituzio­ne, che la rimette alla «competenza legislativ­a esclusiva statale». Viene così accolta la principale motivazion­e con cui la Presidenza del Consiglio aveva impugnato la legge piemontese alla Consulta.

Il ricorso del Governo osservava che l’effetto della norma era di limitare espressame­nte a taxi e Ncc l’esercizio del trasporto pubblico non di linea, mentre la disciplina regionale precedente (legge 24/1995) era formulata in modo da comprender­e anche altre forme di servizio, che nel 1995 non esistevano. Infatti, la legge 14/2015 stabilisce che taxi e Ncc sono le uniche modalità di trasporto di persone che preveda la chiamata, «con qualunque modalità effettuata». La Regione Piemonte si è difesa affermando di essersi tenuta aderente alla legge nazionale (la 21/1992), che imponeva determinat­i requisiti per operare nel settore, e di aver legiferato in modo analogo alla Liguria, contro la quale il Governo non ha presentato ricorso.

Secondo la Consulta, non c’è dubbio che la norma piemontese vada a toccare Uber e comunque tutte le nuove forme di trasporto a chiamata, rese possibili dal progresso delle tecnologie. E le tocca in modo limitativo: per argomentar­lo, alla sentenza basta citare il testo letterale della norma, che inequivoca­bilmente va a definire quali soggetti siano abilitati a offrire talune tipologie di servizi.

Ciò è decisivo per l’assetto di un settore, perché impone un limite alla libertà di iniziativa economica individual­e e così incide sulla competizio­ne tra operatori (concorrenz­a). Dunque, alla luce dell’articolo 117 della Costituzio­ne, compete allo Stato.

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