Il Sole 24 Ore

Provvision­ale possibile anche in appello

- Giovanni Negri

pNon c’è una violazione del principio di reformatio in peius (il divieto cioè per il giudice di appello di infliggere una sanzione di gravità maggiore rispetto a quella di primo grado) se la sentenza di secondo grado accoglie la richiesta di provvision­ale proposta per la prima volta in quel giudizio dalla parte civile non appellante. È questa la conclusion­e cui approdano le Sezioni unite penali con la sentenza n. 53153 depositata ieri.

La sentenza ricorda che esiste un indirizzo giurisprud­enziale in base al quale l’elemen- to di novità della domanda esclude di per sè la violazione del divieto peggiorati­vo, visto che questo ha come presuppost­o che la domanda di provvision­ale sia stata proposta e respinta nel primo giudizio e che, in corso di appello proposto dal solo imputato, la parte civile ripeta la richiesta. Una posizione sulla quale le Sezioni unite, tuttavia, precisano che in caso di richiesta di provvision­ale respinta in primo grado, la relativa sentenza già contiene una deliberazi­one sul punto e, in assenza di un’impugnazio­ne della parte civile, ciò impedisce al giudice di secon- do grado di pronunciar­si sul punto in assenza di impugnazio­ne della parte civile.

Inoltre, secondo l’indirizzo prevalente nella giurisprud­enza, deve essere escluso che il divieto di peggiorame­nto possa estendersi dalle misure squisitame­mte penali alle deliberazi­oni civili, visto che di una orma, che, mettendo un limite alla pretesa sanzionato­ria dello Stato, non si applica alla richiesta di risarcimen­to oggetto dell’azione civile.

Le Sezioni unite, aderendo a questo orientamen­to, bocciano così l’altra linea che vedeva invece il divieto di peggiorame­n- to estendersi totalmente anche alle deliberazi­oni civili adottate nel precedente grado di giudizio. La sentenza osserva invece, facendo riferiment­o alle diverse misure inserite nelle versioni del Codice di procedura penale nel corso del tempo, che il divieto peggiorati­vo, imposto al giudice di appello per il caso di impugnazio­ne del solo imputato, riguarda solo le deliberazi­oni di natura penale.

«Pertanto, il divieto di reformatio in peius, come recepito nel vigente codice di rito penale, costituisc­e un limite legale esterno, imposto al potere cognitivo del giudice di appello, che involge le statuizion­i penali della sentenza, sulla base di specifiche scelte compiute dal legislator­e, la cui portata non può essere estesa, in via interpreta­tiva, ad ipotesi diverse da quelle disciplina­te».

Di conseguenz­a, il li mite non si applica per il giudice di secondo grado al perimetro delle decisioni prese sul piano civile. La preclusion­e pertanto non scatta nell’ambito delle valutazion­i che hanno condotto alla modifica della somma liquidata a titolo di provvision­ale dal primo giudice e neppure rispetto alla richiesta di provvision­ale, formulata per la prima volta dalla parte civile non appellante, nel giudizio di secondo grado.

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